In attesa della show down negli Stati Uniti l’assetto geopolitico del mondo è in grande movimento.
Sul fronte cinese si registrano segnali controversi.
- La prima notizia è che il Fondo monetario internazionale conferma che nel 2020 la Repubblica popolare cinese è l’unico Paese in crescita di Pil (2 per cento) e che nel 2021 il Pil del Dragone andrà a oltre l’8 per cento.
- La seconda notizia è che quindici Paesi dell’Asia-Pacifico hanno firmato un accordo di libero scambio,visto come un’occasione per la Cina di estendere la sua influenza. Il Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) include le 10 economie dell’Asean insieme a Cina, Giappone, Corea del Sud, Nuova Zelanda e Australia, rappresentando il 30% circa del Pil globale. Proposto per la prima volta nel 2012, l’accordo è stato siglato alla fine di un vertice dei Paesi del sudest asiatico, con diversi leader impegnati a risollevare le economie colpite dalla pandemia del Covid-19. L’India non ha firmato temendo un aumento del suo deficit commerciale con la Cina. Tra India e Cina è in atto un confronto armato.
- La terza notizia è che la Cina decide la chiusura verso l’esterno e lo sviluppo dei consumi interni e accaparra materie prime e energetiche, compreso un milione di tonnellate di mais. Comportamento tipico di un Paese che pensa al sopravvenire di tempi duri.
- La quarta notizia è l’emergere di un contrasto interno alla Cina tra l’aristocrazia rossa e i grandi capitalisti (fonte: Carlo Pelanda). Decine di grandi gruppi si ribellano alla norma cinese che “li obbliga ad obbedire al sistema di sicurezza (e di spionaggio) cinese, nonché a condividere le decisioni di strategia con un commissario politico”.
- Da mesi il Global Times (giornale cinese in lingua inglese) sostiene che Formosa è una provincia ribelle come Hong Cong e che deve essere portata sotto il controllo di Pechino.
- Xi Jinping dal palco del Congresso nazionale del popolo ha detto che “dopo i positivi sforzi di controllo dell’epidemia ora è necessario esplorare modi di addestramento e di preparazione alla guerra”.
- L’11 settembre, data emblematica, il direttore del Global Times, ha scritto che “la Cina deve essere pronta militarmente e moralmente a una possibile guerra”.
- Pechino ha appena puntato su Taiwan i suoi missili subsonici DF-17, con lunga gittata di 2.500 chilometri.
- La Russia ha stretto, il 6 novembre, un accordo con il Sudan per una base navale logistica, la prima attiva in Africa dal crollo dell’Unione Sovietica. La base equilibra, per quanto riguarda gli interessi della Russia, la presenza americana e cinese a Gibuti.
- La Russia ha consolidato le sue posizioni in Siria nella base di Tartus.
- La Russia si pone come punto di riferimento nell’area del Nagorno-Karabakh e ha dislocato 2.000 militari a garantire il cessate il fuoco tra Azerbaigian e Armenia.
- Biden ha espresso l’intenzione di associare la Georgia alla Nato.
- In Europa si assiste a un brusco deterioramento dei rapporti tra la Germania e i suoi partner euroasiatici (Cina e Russia), con l’intento di essere un partner nuovamente affidabile dell’Occidente. Il ministro della difesa tedesco Annagret Kramp-Karrenbauer (cristiano democratica) ha detto che l’Occidente deve far fronte alla duplice minaccia della sete di potere russa e delle ambizioni globali della Cina.
- In questo panorama, l’Europa è del tutto assente.
- L’Italia ha una politica ambigua, dovuta alla politica del Governo, chiaramente filocinese, e alla sua posizione strategica, che la lega inevitabilmente alla Nato e all’Occidente, come dimostra, se ce ne fosse bisogno, anche il recente contratto del Pentagono a Leonardo per 36 elicotteri per l’addestramento dell’Us Navy.
Il quadro generale in movimento riguarda anche, e in primo luogo, il Medio Oriente, dove una nuova svolta Usa, condotta dall’Amministrazione Biden, nei confronti dell’Iran attirerebbe le ire di Israele e dei Sunniti, dopo che Trump ha creato le condizioni di un’alleanza israelo sunnita nell’area.
E’ del tutto evidente che un mutamento di posizione Usa nell’area troverebbe non solo l’ostilità di Israele, ma anche possibili azioni di contenimento dell’Iran. Israele ha più volte dimostrato di conoscere ogni minimo particolare di quanto avviene in Iran e di quanto avviene nei rapporti tra l’Iran e gli altri Stati del mondo. Una possibilità di realizzazione della bomba atomica iraniana potrebbe anche scatenare una guerra mediorientale dagli esiti disastrosi.
Al di là degli accordi commerciali, un’area calda rimane il Mar della Cina, dove l’attuale contenimento morbido (commerciale e tecnologico) della potenza crescente cinese, potrebbe anche sfociare in una guerra con le armi. Del resto la storia insegna che i Democratici americani, al di là delle belle parole di facciata e dei premi Nobel preventivi, sono stati i più attivi guerrafondai dal dopoguerra ad oggi.
Nell’area europea la politica Usa potrebbe rimettere in moto un confronto pericoloso con la Russia, come è stato al tempo di Obama e della Clinton e come potrebbe essere se davvero ci fosse l’intenzione di portare la Georgia nella Nato.
Un terzo teatro caldo è l’Africa, dove la Cina fa man bassa di materie prime e prepara un’invasione di uomini, come dimostrano le città fantasma costruite in questi anni. Il posizionamento della Russia in Sudan, a controllare il mar Rosso e l’accesso a Suez, significa che Putin non ha alcuna intenzione di lasciare a Cina e Stati Uniti il controllo dei mari, che è il vero punto di forza di ogni geopolitica.
In questo quadro si colloca la visita di Mike Pompeo in alcuni Paesi. Anche questa è una storia strana. Che fa Pompeo in giro per il mondo a incontrare leader che hanno già riconosciuto Biden? Cortesia? Commiati? Della serie: ”È stato un vero piacere conoscervi. Facciamo un ultimo brindisi. Ci vedremo ancora in privato. Statemi bene. Ecc. Ecc.”. Difficile pensare ad uno scenario del genere. E allora cosa avrà da sussurrare all’orecchio sinistro e destro dei leader il segretario di Stato di Trump che dice che la transizione sarà da Trump a Trump? Notizie? Suggerimenti? Password?
Una nota finale sul Bel Paese. L’Italia, in questo gioco complesso, è del tutto assente. La politica estera dello Stivale è, se ci va bene, decisa dal tacco, ma l’esecutore pare essere il vuoto assoluto. Politici e stampa sono affetti da febbre tifoide, divisi in fan club e in curve nord, incapaci di analisi che superino la dimensione del conflitto di condominio. Del resto, con il Governo giallorosso, decidere dei colori delle regioni è già uno sforzo titanico. Mentre si ridisegna il mondo, i politici italiani sono impegnati in una faida adorna di prediche moralistiche e di fervorini da oratorio. A governarci c’è il peggio del cattocomunismo straccione.
© Silvano Danesi