SANITÀ, IL GRANDE BUSINESS CON LA TESTA A WALL STREET E LE FABBRICHE IN CINA
Il grande business della sanità si sta consumando sotto in nostri occhi e sulla nostra pelle, mentre siamo sottoposti al giochino informatico del semaforo di Speranza, con i suoi indicatori tecnici, sensibili alle temperie politiche, che un algoritmo, del quale non vengono resi note le sorgenti e i criteri, decide chi è rosso, chi è arancione e chi è giallo. Il business è colossale e crea sospetti non solo di insider trading, ma anche di una strategia ben precisa che tende a influenzare le decisioni dei governi e, addirittura, secondo alcuni, le elezioni.
L’AGI, l11 novembre, ha battuto un take d’genzia con la seguente notizia: “L’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, ha venduto lunedì scorso il 62% delle azioni che aveva nel gruppo, guadagnando 5,56 milioni di dollari, nello stesso giorno in cui la società annunciava che il vaccino contro il Covid-19 è efficace al 90% sulla base dei risultati della sperimentazione provvisoria. È quanto emerge dal filing di Borsa. Il gruppo ha difeso Bourla dicendo che la vendita delle azioni era stato deciso lo scorso 19 agosto e faceva parte di un piano di trading condizionato al fatto che i titoli raggiungessero un certo prezzo. Fatto sta che il manager, secondo quanto affermato dalla Sec (Securities and Exchange Commission), ha venduto 132.508 azioni a 41,94 dollari per azione, il prezzo massimo da un anno. “La cessione di queste azioni fa parte della pianificazione finanziaria personale del dottor Bourla e di un piano prestabilito, che consente, in base alle regole della Sec, ai principali azionisti e ai dipendenti delle società quotate in borsa di scambiare un numero predeterminato di azioni in un momento prestabilito”, ha detto Pfizer. Il gruppo lunedì ha annunciato che il suo vaccino sperimentale contro il Covid-19 è risultato efficace per oltre il 90% sulla base dei risultati iniziali dei trial clinici, portando al rialzo del titolo (lunedì ha chiuso a +7,69% a 39,20 dollari) e risollevando tutti i mercati finanziari mondiali. Il manager ha ancora 81.812 azioni Pfizer nel suo portafoglio”.
Il fatto è che, come ha sottolineato Nathalie Colin-Oesterlé (Parlamentare europea del Ppe) a Brxelles. “La salute pubblica è diventata un’arma geostrategica che può mettere in ginocchio un continente”.
Non è un caso, ora che anche l’Istituto tumori di Milano ha stabilito che il virus cinese era in circolazione in Italia già a settembre, nel più assoluto silenzio della Cina, che Mossad e Cia siano alla caccia di un vaccino segreto cinese che avrebbe bloccato il contagio Covid-19 in Cina. La notizia è riportata da Panorama dell’11 novembre 2020 e il settimanale aggiunge: “Da aprile la pandemia nella Repubblica popolare sembra evaporata. Così da alcune settimane i servizi segreti occidentali, soprattutto Mossad e Cia, ipotizzano una spiegazione sconvolgente per la scomparsa della pandemia: nei loro rapporti si parla di vaccino segreto, particolarmente efficace, in quanto sarebbe frutto degli stessi laboratori di Wuhan dove il Covid-19 sarebbe stato sintetizzato geneticamente”. Virus e antivirus nello stesso laboratorio?
Mentre il Pil della Cina è in rapida ascesa e quello dei Paesi occidentali in rapida discesa, a fare soldi sono le società del settore farmacologico, il cui fatturato globale è qualcosa come mille miliardi di dollari, con un +6 per cento annuo negli ultimi dieci anni e fa segnare una dipendenza crescente dalla Cina.
Il Parlamento europeo, a luglio, ha approvato una risoluzione dove si legge: “A causa della delocalizzazione della produzione, il 40 per cento dei medicinali nell’Unione proviene da Paesi terzi, il che si traduce in una perdita di indipendenza dell’Europa sul piano sanitario”.
Dal 60 all’80 per cento dei principi attivi dei medicinali è fabbricato al di fuori dell’Unione e segnatamente in Cina e in India, ma quest’ultima dipende pesantemente da materie prime e intermedi (le sostanze di sintesi) dai cinesi. Il 60 per cento di tutto il paracetamolo europeo e il 50 per cento dell’ibuprofene arriva dalla Cina. Per gli antibiotici dipendiamo al 90 per cento.
In Cina oggi si trova il 25 per cento della produzione mondiale dei principi attivi e il 60 per cento dei cosiddetti “intermedi” o “precursori”, ossia le varie sostanze che consentono la fabbricazione del prodotto finale.
All’inizio della vicenda Covid 19, come sostiene Franco Fracassi (Protocollo Contagio, Indygraf), “Shi Xinghui, direttore di una delle tante aziende cinesi che producevano mascherine FFP2 e FFP3 rivelo: «Una macchinetta per mascherine è una vera stampante per contanti. Chi produce mascherine è come se stampasse denaro. E’ l’unica valuta corrente in questo momento nel mondo».
Il fatto è che, scrive Fracassi, i “principali produttori di tessuto soffiato a fusione si trovano in Cina, India e Stati Uniti. Senza tessuto soffiato a fusione niente mascherine sanitarie e niente protezione dal coronavirus”.
La Cina è sempre di mezzo, la dietro le quinte si muovono finanza e multinazionali.
“Black Rock era fra i primi azionisti di colossi come Google, Apple o Chevron, ma anche di alcune delle più grandi case farmaceutiche planetarie: Glaxo, Novartis, Baxter, Eli Lilly, Merck, Abbot, , Bristol Meyers Squibb, Celgene, Monsanto, Gilead Science, Johnson & Johson e così via. Poi c’erano le aziende che producevano tessuto soffiato.
I tre principali produttori di mascherine, il primo dei quali era la cinese Byd, acronimo di Build Your Dreams, sotto controllo di Black Rock.
Black Rock è una e trina con Vanguard e State Street.
“Le sovrapposizioni e gli incroci azionari – scrive Franco Fracassi (Protocollo Contagio, Indygraf) – erano intricatissimi. Ma alla fine questi gruppi apparivano dietro ogni multinazionale. Li si trovava tra gli azionisti di Alcoa, Apple, Altria, Aig, AT&T, Boeing, Caterpillar, Coca-Cola, DuPont, General Motors, Hewlett Pakard, Honeywell, Intel, Johnson$Johnson, McDonald’s, Merrk, £M, Gsk, Pfizer, United technologies, Verizon, Wal-Mart, Monsanto, Time Werner, Walt Disney, Viacom, Rupert Murdoch’s News, Cbs, Nbc, Universal, Facebook, Amazon, Google, Microsoft, solo per citare le più note”.
In Italia il plenipotenziario di tutto quanto gira attorno alla vicenda Covid-19 e agli inevitabili provvedimenti sanitari è Domenico Arcuri, chiamato da Giuseppe Conte al ruolo, complicato e delicatissimo, di commissario straordinario per l’emergenza sanitaria creata dal coronavirus.
© Silvano Danesi