Gli Occhionero, il fumo negli occhi e la merda mediatica.

Anche un bambino di prima elementare, leggendo con attenzione i giornali dell’11 gennaio 2017 e guardando le notizie diffuse dai media, avrebbe potuto trarre la conclusione che i due fratelli Occhionero fossero agenti di qualche agenzia di intelligence straniera. C’era da chiedersi quale, anche se non era così difficile darsi una risposta.

Si è preferito, invece, spargere tonnellate di fumo sui massoni, “Fratelli d’Italia” e sulla Massoneria occulta che trama, trama e ancora trama. Tonnellate di fumo, a titoli di scatola, senza pudore e senza onore.

Pessimo giornalismo, al limite della cialtroneria, del quale dovrebbero vergognarsi quasi tutte le testate italiane.

Spargendo fumo a tonnellate, i mezzi di comunicazione hanno evitate di porre, a titoli di scatola, la domanda vera: “Cosa hanno fatto in tutti questi anni i nostri servizi di intelligence per mettere in sicurezza gli interessi della Repubblica Italiana? E se sono stati fermi, chi li ha tenuti fermi? ”.

Siamo una colonia e questo è un dato di fatto.

Seconda domanda: “Ora che è in atto una guerra interna ai servizi di intelligence americani, chi ha tolto il coperchio al pentolone dei due Occhionero e chi prima il coperchio lo teneva ben saldo?”.

Veniamo alle deduzioni del bambino dell’asilo.

Il fatto che Giulio Occhionero fosse iscritto ad una loggia del Grande Oriente d’Italia non significa pressoché niente. Una loggia, per dimensione e per importanza, è assimilabile alla sezione di partito di un paesetto di provincia o  di un quartiere di periferia e il suo Maestro Venerabile conta come il due di coppe quando il gioco alla briscola è a bastoni: nulla.

I massoni non sono spie, ma sono tra gli spiati dagli Occhionero, dato che gli stessi giornali dell’11 gennaio scrivono che nella cartellina “Bros” dei due agenti al servizio di stati stranieri ci sono 524 account di posta elettronica di altrettanti massoni infettate dal malware e quindi messi sotto controllo.

Lo stalinismo dei mezzi di comunicazione italiani, degno della Stasi, è inquietante in quanto la caccia ad un nemico finto copre l’esigenza di ricerca del nemico vero e della verità su cosa siano effettivamente i due agenti e per quale agenzia straniera lavorino.

Che nel mondo tutti spiino tutti è un fatto e non è una novità. La parte inquietante della vicenda è che i nostri apparati di sicurezza non garantiscono la sicurezza.

La caccia al tesoro non è, francamente, difficile. I due fratelli Occhionero sono: l’una cittadina americana e l’altro residente a Londra.

I server dove hanno depositato i files rubati dagli account infettati sono negli Stati Uniti.

La società dei due fratelli, la Westlands Securities spa (registrata in California e terminale di una serie di società organizzate a scatole cinesi), ha svolto consulenze per il governo statunitense in alcune infrastrutture del porto di Taranto, principale base delle Marina Militare italiana e sede dell’ammiragliato.

Il malware usato si chiama Eye Pyramid, occhio della piramide, ossia il simbolo che campeggia sul dollaro americano e che non è un simbolo massonico, ma degli Illuminati di Baviera, ossia di quell’Ordine degli Illuminati, organizzato il primo maggio 1776 da Adamo Weishaupt sulla base di un modello gesuitico. Weishaupt è successivamente entrato nella Massoneria, nel 1777, secondo una logica entrista degna dei suoi ispiratori.

Si è tirata in ballo la P4, senza ricordare che la madre di tutte le P, ossia la P2, è stato un regalo velenoso fatto al Grande Oriente da un agente della Cia, tale Frank Gigliotti e che una vasta letteratura in merito alla loggia diretta dall’ex SS Licio Gelli porta ad un cervello degno di Giano bifronte: da una parte la Cia e dall’altra il Vaticano.

E ci risiamo.

Oggi, 12 gennaio 2017, con loro somma vergogna, sulla maggior parte dei mezzi di comunicazione non compare la notizia che finalmente si è capito (come il bambino dell’asilo dell’11 gennaio) che non i massoni italiani, grandi tramatori per staliniana definizione, ma la Cia, ossia l’agenzia di intelligence degli Stati Uniti, durante la presidenza di Obama, spiava politici, manager, giornalisti, massoni, apparati dello Stato, la nostra intelligence, e via elencando.

Onore a “Il Giornale”, che la mette in prima pagina e in apertura. E gli altri? Che figura di merda (ogni eufemismo è del tutto sconveniente). Il 12 gennaio pagine e pagine occupate dall’articolo 18 e da gravissimi fatti di cronaca.

Sulle tonnellate di fumo buttate in faccia ai lettori silenzio assoluto. Che figura di merda.

Tra gli spiati ci sono anche giornalisti e direttori di giornale, ossia quelli che hanno messo alla gogna i massoni e non la Cia, che viene invece finalmente tirata in ballo da Il Giornale, il quale rimane uno dei pochi media seri a non buttare fango e a ritirare la mano.

La macchina del fango è in azione è c’è da aspettarsi che nei prossimi giorni e nei prossimi mesi butti merda in quantità.

Negli Usa è in atto una guerra tra agenzie di intelligence e al loro interno. Probabilmente le prime vittime di questa guerra sono i due fratelli Occhionero, che si sono improvvisamente trovati allo scoperto. Molte altre vittime seguiranno, in una guerra all’ultimo colpo dovuta all’arrivo dello tsunami Trump e dalla resistenza all’ultimo sangue della squadra della ormai ex presidenza Obama e del clan Clinton.

L’importante è che la grande macchina dello spruzza merda non diventi il giocattolo consueto in mano ai media italiani, che per ora, con la storia degli Occhionero e con i titoli a scatola sui massoni, di merda hanno solo fatto una gran bella figura.

Silvano Danesi

 

 

 

 

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La favola dei tre orticelli

C’era una volta…..

Anche questa favola, come tutte le favole che si rispettano, comincia così.

L’ho scovata in un vecchio baule relegato in soffitta, su una vecchia pergamena ingiallita e logora.

C’era una volta un orticello biologico. L’orticello era in un grande parco, vicino ad una casa bianca e a prendersene cura era un’energica signora, che ogni giorno controllava lo stato delle sue piante, le innaffiava amorevolmente e, quando era il momento, le coglieva per offrirle al marito e alle figlie sul grande tavolo posto in una stanza ovale, dalla quale si potevano vedere un grande viale e un lago artificiale.

La signora dell’orticello della casa bianca aveva suscitato le simpatie di tutte le signore bene del mondo, amanti della natura, le quali avevano costruito orticelli in giardino, sui balconi e sulle terrazze delle loro case urbane, dove coltivavano verdure biologiche nate da semi non geneticamente modificati, in barba alle cattive multinazionali.

L’orticello della casa bianca era divenuto il simbolo di un Eden mondiale di pace e di bontà: un mondo pulito, fatto di lattughe, di coccinelle, di uccellini cinguettanti, dove ognuno curava il proprio orticello.

Il marito della signora della casa bianca coltivava altri orticelli. Li chiamavano orticelli di guerra, ma lui aveva ricevuto, prima ancora di coltivare, il Nobel per la pace, così che la coltivazione degli orti potesse assomigliare a quella della moglie. Gli orticelli del marito si chiamavano “primavere”, “interventi umanitari”, “dissuasioni belliche”, “azioni deterrenti”. Per gli orticelli di guerra il marito della signora della casa bianca produceva sementi speciali: pistole, mitragliatrici, droni, aerei, mine, carri armati, elicotteri, ma lasciava poi la cura delle sementi ai giardinieri locali, perché i suoi orticelli, a differenza di quello della moglie, erano sparsi in tutti il mondo. Lui però, per tener fede al suo Nobel per la pace, sognava un orto grande, dove piantare sementi nuove, importanti.

In famiglia c’erano anche un nonno e una nonna e un prozio, che coltivava il sorosiano sogno della ultraglobalizzazione, concepito in un chalet di Davos. Vi ricordate Davos, il luogo della Montagna incantata, dove il protagonista del romanzo di Thomas Mann mangiava nella stessa sala delle “russe da bene” e delle “russe da poco” e si gongolava nella sua malattia, salvo poi essere trascinato nella realtà dallo scoppio della guerra mondiale? Ecco, dopo Davos c’è, come insegna Mann, una guerra mondiale. Un grande orto, dove piantare grandi sementi.

La famigliola della casa bianca aveva una nonna, un nonno e un prozio.

La nonna, il nonno e il prozio coltivavano orticelli finanziari.

La nonna e il nonno avevano una società di iniziative globali e, come Paperon de Paperoni, erano circondati da gold men: uomini d’oro, ma anche da bucanieri, come Morgan. I loro orticelli erano invisibili, non avevano zolle, non avevano bisogno di semi: producevano derivati e sub prime, strane verdure venefiche, vendute come farmaci. I loro orticelli producevano il nulla rivestito di cedole. Con i loro orticelli avevano avvelenato il mondo con tanto di quel veleno che nessuno sapeva più come sistemare le cose. Tuttavia un modo c’era. Un modo semplice. Scaricare tutte le sementi virtuali e i loro prodotti nell’orto del nipote, quello grande, che il nipote sognava, giusto per rendere onore al suo Nobel per la pace. L’operazione non sarebbe stata semplice, ma nel frattempo, l’orticello della signora della casa bianca avrebbe distratto l’attenzione. Le signore bene sarebbero state ecologicamente in pace.

Poi, come in molte favole, arrivò il lupo cattivo, dal nome inquietante: Trumpo, evocante le “trompe” del giudizio universale. Trumpo era un vero lupo mannaro. Assalì l’orticello ecologico. Distrusse gli orticelli di guerra, ma, soprattutto, infranse il grande sogno del grande orto.

Poi, giunse il giorno del Giudizio. Il lupo cattivo si trovò a fare i conti con gli orticelli finanziari, con il “Grande Veleno” sparso per il mondo, con gli uomini d’oro e con i bucanieri.

Qui, purtroppo, la narrazione si interrompe ……… . C’è solo una riga finale di difficile interpretazione. Pare che il lupo, in effetti, fosse un agnello travestitosi da lupo. Un’antica favola dice: “Superior stabat lupus, inferior agnus” e in quel caso la colpa di inquinare l’acqua fu attribuita all’agnus. Sapremo mai come finì la nostra storia? Il lupo vero, travestito da nonna, come nella favola di Cappuccetto rosso, è sempre bravissimo a trasferire le colpe all’agnus, ma non è detto che l’agnus sappia cambiare la favola. In fondo è solo una favola. E se l’agnus fosse il cacciatore?