L’islamismo è un’ideologia perfettamente funzionale al mondialismo finanziario e al sorospensiero al quale afferiscono le teorie del multiculturalismo. Il mondialismo finanziario, travestito da democraticismo multiculturale, ha come obbiettivo l’uomo nuovo senza qualità: un perfetto grigio uniforme consumatore mondiale standardizzato e obbediente alle logiche di un mercato dominato dal novello Dittatore: il feudalesimo finanziario.
L’idea di fondo è che un uomo nuovo non ha patria, non ha storia, non rivendica identità, se non quella di una finta fratellanza universale. Da qui anche le recenti follie della distruzione dei monumenti della storia americana, che fanno la pari con le follie islamiche di distruzione delle vestigia del passato.
Senza una propria storia e senza identità si è Nessuno: personaggi in cerca di autore, obbedienti al nuovo autore mondiale, sottomessi alla sua regia e agli ordini dei vassalli, dei valvassori e dei valvassini.
Ed ecco che compare la parola magica: sottomissione, che nella lingua araba è islam.
Dei tre monoteismi l’Islam è il più adatto ad essere l’ideologia dell’Impero del novello Dittatore. Mammona, il novello Dittatore, si traveste, ma il suo credo, da diffondere tra i popoli del mondo, è sottomissione.
L’Ebraismo non fa proseliti; è una religione elitaria, riservata ad un popolo e non si presta alla bisogna.
Il Cristianesimo, divenuto nel IV secolo il collante ideologico del morente Impero romano d’Occidente, è figlio di un padre: la religione ebraica e di una madre: la cultura greca. Nei secoli il Cristianesimo si è modificato, adattato, modellato sui paradigmi della cultura europea, assorbendone le radici e divenendo a sua volta radice. Finché ha retto il radicamento, il Cristianesimo è stato coautore, sia pure con alterne vicende e con fasi di assoluta intolleranza, dei fondamenti della civiltà occidentale. Oggi si assiste al suo allontanamento dall’Occidente e al suo stemperarsi in un mondialismo che tenta di allinearsi alle esigenze del novello Dittatore, ma senza speranza alcuna, poiché il novello Dittatore ha come paradigma ideologico un solo credo: sottomissione.
Il dio dell’amore, per quanto usato nei secoli, tradendolo, per sottomettere e violentare, non è il dio della sottomissione e non è utile al novello Dittatore. Non a caso è lasciato alla sua deriva, al vuoto delle chiese, alla progressiva scomparsa dei fedeli, in compagnia con il rinascente antiebraismo, montante in Europa, che fa degli Ebrei e dello Stato di Israele un continuo bersaglio polemico.
L’Islam , al contrario, è coccolato, in quanto perfettamente in linea con il mondialismo dell’uomo senza qualità, in quanto è sottomissione.
La religione islamica impone l’applicazione della Shari’ah e, conseguentemente, impone uno Stato teocratico.
Gli Stati membri dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, il 5 agosto 1990, alla fine della XIX Conferenza, hanno sottoscritto una “Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell’Islam” ove all’art. 12 è scritto: “Ogni uomo ha il diritto, nel quadro della Shari’ah, di muoversi liberamente….”.
La Shari’ah viene richiamata più volte e all’articolo 25 è scritto: “La Shari’ah Islamica è la sola fonte di riferimento per l’interpretazione di qualsiasi articolo della presente Dichiarazione”.
Nella introduzione alla Dichiarazione Universale Islamica dei diritti umani elaborata il 19 settembre 1989 è scritto che i diritti umani nell’Islam sono fermamente collegati all’idea che Dio, e Lui solo, “sia il Legislatore e la Fonte di tutti i diritti umani…” e che la Dichiarazione è “basata sul Corano e sulla Sunna del Profeta…”.
Inoltre è scritto che ogni “individuo ha il diritto di esprimere il suo pensiero e le sue convinzioni purché rimanga nei limiti prescritti dalla Legge”, ove per legge si intende, ovviamente, la Shari’ah.
Queste affermazioni sono in netto contrasto con la Civiltà occidentale e con le sue storiche e faticose conquiste. La Civiltà occidentale, se non vuole tradire se stessa, non può sottomettersi alla Shari’ah, che non è la legge di uno Stato sovrano, dove la fonte del diritto è l’essere umano libero e dove la legge e liberamente espressa da un parlamento liberamente eletto. Nella Shari’ah non c’è libertà, ma sottomissione a un dio, il cui volere, secondo i credenti musulmani, è espresso nel Corano.
Possiamo ipotizzare che un islamico accetti la separazione tra Stato e Islam, come va affermando qualche irriducibile benpensante?
Qualche isolato eroico tentativo è stato fatto, ma per ora quelli che hanno teorizzato una riforma dell’Islam sono stati tutti eliminati. Ismailiti e Al Mamun insegnano.
Se si considera la perfetta corrispondenza di obbiettivi tra il mondialismo e l’Islam si comprendono le ideologie corollarie tendenti a distruggere l’identità occidentale; si comprende perché a Benedetto XVI, le cui dimissioni sembrano più dovute ad una spinta che ad una sponte, è stato messo accanto Francesco primo; si comprende per quale motivo, in Inghilterra, una bambina cristiana è stata affidata ad una famiglia musulmana, come se non ci fossero nel Regno Unito di Sua Maestà, capo della Chiesa anglicana, famiglie cristiane disponibili; si capisce la simpatia nei confronti dell’Islam delle correnti politiche catto comuniste radical chic del mondialismo; si capisce il motivo per il quale ogni critica all’Islam viene stigmatizzata con il termine islamofobia, mentre chi vilipende il Cristianesimo o l’Ebraismo è considerato semplicemente uno che esprime opinioni; si capisce la logica dell’invasione dell’Europa.
Il novello Dittatore, ossia il feudalesimo finanziario, del resto, è in gran parte partecipato da stati islamici dai connotati tribali, divenuti agenti finanziari, nel secolo scorso, grazie al petrolio.
Interessi coincidenti producono ideologie coincidenti da propinare all’uomo nuovo senza qualità, perfetto credente e perfetto consumatore.
Se nell’apparente situazione caotica nella quale sembra versare l’Occidente si introduce la parola magica sottomissione, quasi per incanto il puzzle si compone e tutto diventa chiaro.
Silvano Danesi