MADURO, LE MACCHINE TRUCCAVOTI E IL QUADRILATERO VENEZUELA- CINA-RUSSIA-IRAN.

Gli Stati Uniti hanno deciso nuove sanzioni nei confronti del Venezuela per aver usato sistemi elettorali truccavoti nelle recenti elezioni parlamentari del 6 dicembre.

Questa volta nell’occhio del ciclone è la Ex-Cle Soluciones Biometrics CA, società argentina con sede in Venezuela, nata nel 1998 e che aveva già operato in Venezuela per le elezioni nel 2005.

Il 6 dicembre la macchina che “fa vincere sempre” ha fatto vincere ancora una volta Maduro con elezioni non riconosciute dagli Usa, dall’Unione Europea e da molti Paesi dell’America latina.

La notizia nel dettaglio ci è data da Roberto Mazzoni (rumble.com/mazzoninews), un giornalista italiano che lavora in Florida e che fornisce ottimi servizi di aggiornamento su quanto accade dall’altra parte del mondo.

In buona sostanza, la società, simile a Dominion, ha importato, secondo il Dipartimento di Stato Usa, migliaia di macchine dalla Cina, con il canale finanziario di banche russe e con aerei venezuelani (Conviasa) e iraniani (Mohan Air) posti sotto embargo statunitense.

Venezuelana è anche la società Smartmatic, ossia quella che ha fornito il software a Dominion per il conteggio elettorale negli Usa.

Le sanzioni comportano il sequestro di beni della società Ex-Cle e di altre società o di privati negli Usa ad essa connessi, con il controllo dell’Office Foreign Asset Control.

Il Ministro del Tesoro Usa, Steve Muchin ha dichiarato che Maduro ha operato nel pieno “disprezzo per le aspirazioni democratiche del popolo venezuelano e John Ratcliff, Direttore del Nationa Intelligence, che coordina le 17 agenzie di intelligence Usa, ha detto che Cina Russia e Iran sono le tre nazioni straniere che hanno interferito anche nelle elezioni Usa, prefigurando così la messa in atto dell’Ordine esecutivo del 2018 con il quale è dichiarata l’emergenza nazionale.

Ora i tre soggetti, come è noto, sono strettamente legati al Venezuela, Paese il quale è stato accusato, recentemente, di aver finanziato  il nascente Movimento di Grillo.

Il quotidiano spagnolo ABC ha infatti pubblicato in prima pagina un articolo che riguarda il M5S. Secondo il periodico, il regime venezuelano di Hugo Chavez avrebbe finanziato il nascente Movimento di Grillo nell’estate del 2010 con fondi in nero da tre milioni e mezzo di euro. Il denaro sarebbe stato consegnato in contanti in una valigetta a Gianroberto Casaleggio attraverso l’intermediazione del console venezuelano a Milano, Gian Carlo di Martino. A inviare i soldi sarebbe stato Nicolas Maduro, oggi presidente venezuelano, allora ministro degli Esteri. Secondo il documento pubblicato da ABC lo scopo delle sovvenzioni di Chavez era quello di appoggiare un nuovo “movimento anticapitalista e di sinistra nella Repubblica italiana” e il destinatario finale sarebbe stato Gianroberto Casaleggio. La notizia è stata smentita dal figlio di Gianroberto, Davide (“Mai avuto finanziamenti occulti”), mentre il capo politico M5S Vito Crimi, in una nota, ha parlato di “una ridicola fake news”. Protesta anche da parte di Alessandro Di Battista, il quale ha stigmatizzato l’articolo di ABC come “un attacco osceno e vile”.

Dall’altra parte ABC ha confermato le sue notizie, asserendo di avere le prove.

Nel frattempo il Venezuela, in Italia, come ha annunciato lo stesso Maduro, esporterà 5 tonnellate di Coltan, per un valore di 300.000 euro. Il minerale, secondo quanto spiegato da ministro per Commercio Estero, José Vielma Mora, ha tutti i certificati necessari: “Licenze – ha detto – di origine in ossequio al materiale strategico del Banco Central de Venezuela. E in questo modo continueremo a lottare contro il contrabbando di estrazione, non sarà più possibile portare illegalmente questo minerale in Colombia, si farà invece legalmente verso altri Paesi”.

Il Coltan è la columbite-tantalite o columbo-tantalite, una miscela di due minerali della classe degli ossidi che si trovano molto raramente come termini puri. Si trova soltanto in nove nazioni al mondo ed è indispensabile nella produzione di smartphone, computer, console, videogame, fibra ottica, apparecchi risonanza magnetica, per l’industria aerospaziale e altro ancora. Come si può intuire, al giorno d’oggi si tratta di un minerale del quale non si può fare a meno. Ed è anche chiamato il “minerale della morte”, per le condizioni inumane in cui viene estratto in quello che è il primo Paese produttore al mondo, la Repubblica Democratica del Congo. La nazione africana, infatti, ne immette sul mercato l’80%. E un’inchiesta effettuata l’anno scorso dall’inviato del Corriere della Sera, Andrea Nicastro, ne ha svelato tutte le inumane atrocità che cominciano con bambini di 5 anni messi nelle miniere, bambine di 11 nei bordelli delle bidonville  minerarie, madri abbandonate con 5-10 figli, orfani e schiavi. Un business gestito dai “signori della guerra”.

Nella guerra del Coltan è entrata a gamba tesa la Cina, la cui influenza nel Congo è diventata dominante nel 2008. In quell’anno un consorzio di società statali cinesi, formato nel 2007 sotto il nome di Sicomines, firmò infatti un accordo storico con lo Stato congolese per diritti di estrazione di 10 milioni di tonnellate di rame e 600 mila tonnellate di cobalto durante un periodo di 25 anni, per un valore complessivo tra i 40 e gli 84 miliardi di dollari

La Cina ha interessi importanti anche in Venezuela, altro punto di interesse mondiale per le terre rare e, in particolare, per il Coltan.

 Lo scorso 30 marzo, nel corso di una conferenza stampa, la portavoce del Ministero degli Affari Esteri cinesi, Hua Chunying, ha reso nota la posizione di Pechino sull’ultima vicenda del “caso Maduro”. Alcuni giorni prima, il Presidente venezuelano, insieme ad alcuni dirigenti governativi, dell’intelligence e delle forze armate, era stato ufficialmente accusato dal Dipartimento di Giustizia americano di narcotraffico. Hua Chunying ha sottolineato la sovranità e l’indipendenza del Venezuela, rimarcando il sostegno di Pechino a Maduro.

I rapporti, quantomeno strani, con l’Italia del Venezuela di Maduro hanno recentemente interessato anche il possesso, da parte della marina venezuelana, di battelli subacquei, simili a quelli usati dai narcotrafficanti, prodotti nel nostro Paese e arrivati in Venezuela, probabilmente, con la triangolazione cubana.

Il Vas 525, in uso ai nostri subacquei e testato anche dagli US Navy Seals, è prodotto dalla Giunio Santi Engineerig di Trieste e, in considerazione della sua tecnologia d’avanguardia è protetto. Inoltre il regime di Maduro è sotto embargo Usa e l’Italia è membro della Nato. Come sia possibile che il Vas 525 sia finito nei mari venezuelani è un mistero ancora non risolto.

Non è un mistero, invece, che il M5S abbia una predilezione per la Cina e che in Italia la Cina abbia molti amici, a cominciare da Romano Prodi, sempre in corsa per il Quirinale e Beppe Grillo. La presenza del Vaticano nel cuore del Bel Paese, costituisce inoltre, un punto nevralgico dei rapporti con il Dragone, così come sono ottimi i rapporti tra il Vaticano e il Venezuela, anche grazie al fatto che l’attuale Segretario di Stato del piccolo Stato racchiuso tra le mura leonine è stato nunzio apostolico a Caracas.

Inoltre, Rafael Ramirez, definito l’uomo del petrolio di Hugo Chavez, è stato per 12 anni residente in Italia, con tanto di passaporto italiano. Con lui in Italia, come riferisce Panorama del 9 settembre 2020, hanno trovato protezione e modi di fare affari molti esponenti del potere chavista.

Per non farsi mancare nulla, il Venezuela ha rapporti anche con l’Iran.

A maggio 2020 il Venezuela ha apertamente sfidato l’embargo Usa all’Iran accogliendo cinque petroliere di Teheran. Il Venezuela ha una delle riserve petrolifere più vaste del mondo, ma le navi iraniane trasportavano benzina già raffinata. Il disastro economico della gestione Maduro ha, infatti, devastato l’industria della raffinazione e la benzina scarseggia. Con le cinque petroliere si è consolidata, anche emblematicamente, l’alleanza tra i due Stati, ambedue nel mirino delle sanzioni americane.

“Le navi della nostra sorella, Repubblica Islamica d’Iran – ha twittato il ministro venezuelano del petrolio Tarek El Aissami (di origini libanesi) – sono nella nostra zona economica esclusiva”.

Pare che anche l’Italia stia facendo orecchi da mercante quando si tratta di sanzioni contro l’Iran. Infatti, la nave commerciale Altinia, identificata dal numero di serie IMO: 9048471 e costruita dal cantiere navale Visentini nel 1992 è stata ceduta (come scrive Panorama del 9 dicembre 2020), lo scorso anno per 2 milioni di dollari dalla Giovanni Visentini trasporti Fluviomarittimi e, dopo vari passaggi, è scomparsa dai radar della marina civile per ricomparire come nave da guerra della flotta di Teheran con il nome di Shaid Roudaki. La ex Altinia, come riferisce Panorama, è diventata la più grande nave da guerra di nuova generazione dell’Iran. Pesa 8.707 tonnellate, è lunga 150 metri e larga 22. Monta lanciamissili tarra-terra e terra-aria, dispone di un cannone antinave e può ospitare contemporaneamente sei droni da attacco e un elicottero. Ha una tecnologia per la guerra elettronica, un sistema di difesa aerea Khordad 3 ed è pensata per la navigazione oceanica. Tutti i passaggi dall’Italia all’Iran sono ancora un mistero, ma è proprio così impossibile che queste transazioni siano completamente sfuggite ai servizi segreti italiani?

Ora i nodi arrivano al pettine. Il più grande attacco cibernetico consumato in quasti mesi ai danni degli Usa metterà a nudo relazioni equivoche e rapporti trasversali.

Mike Pompeo, Segretario di Stato Usa, ha detto: “Vladimir Putin rimane un reale rischio per quanti amano la libertà. Dobbiamo assicurarci di essere pronti per qualsiasi attacco e classifico la Cina come la vera minaccia esistenziale”.

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