La truffa ideologica del “nuovo umanesimo

Nel corso di una tavola rotonda sulla crisi delle democrazie liberali in Occidente, promossa dalla rivista Il Timone, l’ex Prefetto della Dottrina della fede, Cardinale Gherard Ludwig Müller ha detto: “in un mondo dominato dalla comunicazione globale mi sembra anche difficile capire cosa è dentro o fuori il modello liberale o cosa, invece, rappresenti già una forma di totalitarismo per così dire «aperto», «democratico» e «globale». Noi abbiamo questa visione di vivere ancora all’interno di una democrazia liberale, ma ci confrontiamo con una falsa ideologia che non è più nemmeno liberale”.

“Oggi – aggiunge il Cardinale – a partire dalle istituzioni europee e da alcuni Parlamenti di Stati europei, assistiamo a un persistente tentativo di volersi allontanare da queste radici culturali [cristiane, ndr] e per scristianizzare completamente la vita dei popoli, con un nuovo furore dal sapore giacobino che mira a eliminare ogni riferimento a una dimensione trascendente. Così però l’uomo può essere strumentalizzato senza alcun limite, questa è la grande sfida di oggi”.

Il persistente tentativo di cui parla Gherard Ludwig Müller, è presente ogni giorno con il pensiero unico, con il tentativo di creare un’umanità disumanizzata, di proporre in transumanismo come nuovo orizzonte dell’Umanità; di proporre un mondo governato dalla finanza e dalle multinazionali, dove non esistono più radici, culture, tradizioni, storie, patrie, ma un unico insieme di lobotomizzati, schiavi di un nuovo feudalesimo travestito da modernità tecnologica, dove gli esseri umani sono servi del bancomat, così come un tempo erano servi della gleba. L’idea di sostituire la democrazia con l’algoritmo è perfettamente in linea con questa logica orwelliana e transumanista, che è la vera peste del Terzo Millennio.

Di fronte alla sfida della quale parla opportunamente e con grande forza e lucidità il Cardinale Gherard Ludwig Müller, la Massoneria non può essere indifferente, in base al fatto, dichiarato nelle carte fondative e nei rituali, che i massoni si riuniscono nei loro Templi per edificare se stessi, ma anche per impegnarsi a lavorare per la Patria e per il progresso dell’Umanità, che è l’insieme degli esseri umani, i quali sono connotati da specificità che oggi la tecnologia può mettere a serio rischio fino ad estinguerle, estinguendo, in questo modo, l’essenza stessa dell’essere umano.

La tecnologia è ed è sempre stata una grande opportunità per l’Umanità e dovrà esserlo ancora, ma quando la tecnologia è intesa come sostitutiva, allora diventa nemica dell’Umanità e i nemici dell’Umanità sono coloro i quali perseguono la via sostitutiva.

L’Umanità non è surrogabile

La prima di queste specificità essenziali è la libertà, alla quale consegue, come corollario, il libero arbitrio.

Senza libertà e senza libero arbitrio l’essenza umana è messa a morte.

La seconda specificità essenziale è l’amore, ossia la volontà e la facoltà di volgersi verso l’altro (I care) senza alcun tornaconto, sia esso un umano, un animale, un vegetale o più genericamente ciò che ci circonda. E’ il dovere per il dovere. Quel dovere per il dovere che è in sintonia con il Logos e del quale è scritto nel Rituale del 30° grado del Rito Scozzese Antico e Accettato. Un dovere che non è l’imperativo categorico kantiano, ma il risultato dell’ascolto del Logos e del volgersi verso il Logos.

L’amore, che è la linea guida fondamentale del percorso massonico, è Eros, il “grande demone” dell’amore, come lo chiama Diotima nel dialogo con Socrate contenuto nel Simposio di Platone.
Eros “è qualcosa di intermedio fra mortale e immortale” e ”ha il potere di interpretare e di portare agli dèi le cose che vengono dagli uomini e agli uomini le cose che vengono dagli dèi”. Ogni “desiderio per le cose buone e dell’essere felice per ciascuno è il grandissimo e astuto Eros”.

Nel dialogo tra Diotima e Socrate emerge il punto centrale, nodale, essenziale, del percorso massonico: l’Atto d’Amore.
L’Atto d’Amore, dice Diotima, “è un parto nella bellezza, sia secondo il corpo sia secondo l’anima”. “Tutti gli uomini, o Socrate – continua Diotima – sono gravidi secondo il corpo e secondo l’anima” e Amore è “generare e partorire nella bellezza”.

Perché l’amore della generazione alberga negli esseri umani?
“Perché – dice Diotima – la generazione è ciò che ci può essere di sempre nascente e di immortale in un mortale”.
Alcuni uomini sono fecondi nel corpo e altri nell’anima. Cosa conviene all’anima?
“La saggezza e altre virtù”.

L’essere umano impara a riconoscere la bellezza nei corpi, la bellezza nell’anima e, al colmo dell’iniziazione, la bellezza nel Bello in sé.

E’ in questa linea guida che acquistano significato gli aspetti generativi dell’Antropocosmo e le varie fasi dell’iniziazione, che conducono alla conoscenza della scintilla divina che è in noi.

L’essere umano impara la sua eternità, che implica la generazione, nel corpo e/o nell’anima, ossia l’Atto d’Amore, senza il quale l’essere umano viene meno al suo destino.

Il conoscere se stessi, principio fondamentale del percorso massonico, è ri-conoscere il proprio se stessi in essenza, ossia quella parte essenziale ed immortale di noi che ci guida, in quanto persone (maschere sul teatro della vita terrena) a realizzare il nostro progetto compiendo Atti d’Amore, ossia atti creativi.

L’essere creativi è una qualità essenziale dell’essere umano, conculcando la quale l’Umanità è disumanizzata. L’essere creativi è una “imitatio” del Logos.

La terza specificità essenziale è l’unità inscindibile in vita tra corpo, anima e il nucleo di informazione intelligente e cosciente che costituisce la nostra essenza.

Tale unità è la base del processo di conoscenza e di autoconoscenza (gnoti seauton) che non può prescindere dai sentimenti, dalle emozioni, dalle intuizioni e, infine, dalla razionalità.

L’essere umano è un’unità inscindibile.

Il corpo non è sostituibile e la sostituzione del corpo è la distruzione dell’essere umano in quanto tale. Così come l’intelligenza artificiale non può sostituire l’intelligenza umana, qualsiasi robotizzazione del corpo non può sostituire le funzioni essenziali del corpo naturale.

Riguardo all’intelligenza artificiale, sarebbe più opportuno chiamarlo smart artificiale, come suggeriscono Edoardo Boncinelli e Antonio Ereditato, in quanto in inglese intelligence non vuol dire intelligenza, ma “capacità di comprendere”. Intelligente come lo intendiamo noi in italiano, suggeriscono i due autori de: “Il cosmo nella mente”, si dice smart, quindi l’intelligenza artificiale è “capacità di comprendere servoassistiti”. [1] Siamo ben lontani dall’intelligenza umana, considerando in primo luogo, ma solo in primo luogo, che il processo cognitivo dell’uomo genera un’immagine mentale della realtà e produce modelli interpretativi. “L’unità di base della mente – scrive Antonio Damasio – è l’immaginazione”. [2]

Il cervello umano, che scambia informazioni, è, secondo Edoardo Boncinelli e Antonio Ereditato, “troppo complesso e ridondante per sovraintendere ai soli bisogni biologici primari. Un effetto collaterale di tale complessità è l’innata curiosità dell’uomo e il piacere che la nostra specie prova a investigare l’ignoto”. [3]

Bessel Van Der Kolk scrive che “gli esseri umani sono creature che creano significati” e che l’esperienza di sé “è il prodotto dell’equilibrio tra il cervello emotivo e quello razionale”. [4]

 

Edward O. Wilson, scrive a sua volta che Homo Sapiens “è l’unica specie superstite dotata di intelligenza simbolica” e che ha “il potere di immaginare”, cosicché “la creatività è il carattere distintivo della nostra specie e ha come fine ultimo la comprensione di noi stessi”. [5] “Gli esseri umani – scrive Wilson – pensano” e aggiunge che “gli archetipi ancestrali riemergano continuamente nelle nostre elaborazioni culturali come indimenticati retaggi evolutivi”. [6]

 

Daniel J. Siegel afferma che il “Sé non è limitato nel tempo, poiché il tempo come entità unitaria che scorre potrebbe non esistere nemmeno. E neppure è limitato nel cranio né nella pelle. Il Sé è il sistema in cui viviamo, i nostri corpi sono i nodi di una totalità più ampia interconnessa, in cui siamo inestricabilmente radicati”. [7]

L’essere umano è consapevole, cosciente e dotato di intenzione, di sentimenti e di emozioni. Emozioni primarie, cognitive, superiori e culturalmente specifiche (presenti in una sola realtà). [8]

“La nostra psiche – scrive Edoardo Boncinelli – è infatti costantemente immersa in un «bagno emozionale», nel quale in condizioni normali è assai difficile distinguere le singole emozioni, non a caso definite, opportunamente, espisodi emozionali”. [9]

L’omeostasi, ossia, per dire il concetto in sintesi, l’insieme dei processi neghentropici che mantengono l’equilibrio e la permanenza del vivente, ha tra i suoi fattori i sentimenti, i quali, spiega Antonio Damasio, “non sono produzione indipendente del cervello, ma il risultato di un’alleanza cooperativa tra il corpo e il cervello”. [10]

In questo breve riassunto di alcune affermazioni di scienziati abbiamo incontrato, riguardo agli esseri umani, qualità quali l’innata curiosità, il piacere di investigare l’ignoto, la capacità di creare significati, l’essere dotati di un’intelligenza simbolica e archetipica; l’essere dotati di intenzionalità, di coscienza e di capacità emotiva e, infine, l’essere dotati di sentimenti. Tutto questo non può essere surrogato da alcuna intelligenza artificiale.

Gli esseri umani vivono, pensano, amano.

Veniamo ora alla questione fondamentale che pone il Cardinale Gherard Ludwig Müller, ossia che attualmente “per molti la fede è solo un atto emotivo e sentimentale e non è più necessario trovare degli argomenti per l’esistenza di Dio. Ma nel cristianesimo, come insegna San Paolo, la fede è un atto ragionevole e la razionalità ne è parte essenziale e non solo esterna. La nostra – afferma il Cardinale Müller – è la fede nel Logos, pertanto non può essere contro la ragione. Noi abbiamo la fede rivelata, ma dobbiamo esprimerla logicamente secondo la legge del Logos che viene dallo stesso Dio che, appunto, è Logos”.

Nel suo discorso tenuto nell’aula magna dell’Università Regensburg il 12 settembre 2006 (noto come discorso di Ratisbona) Benedetto XVI, dopo aver delineato l’incontro tra la tradizione ebraica e la forma mentis greca, afferma: “Il Nuovo Testamento, infatti, è stato scritto in lingua greca e porta in se stesso il contatto con lo spirito greco…”.

Di importanza fondamentale è l’affermazione che “il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come Logos e come Logos ha agito e agisce pieno d’amore in nostro favore”.

Nel dialogo con Paolo Flores D’Arcais (21.9.2000) Joseph Ratzinger ha affermato: “E questo Dio che è Logos – come dice San Giovanni – che è ragione creatrice e che è parola – Logos non è semplicemente ragione, ma una ragione che parla, che si mette in relazione, che si avvicina, e qui abbiamo un rinnovamento del concetto di ragione che va oltre la pura matematica, la pura geometria dell’essere – tuttavia è Logos e anche andando oltre questa pura matematica rimane tuttavia Logos, cioè ragionevole”. Per Joseph Ratzinger la creazione è “la provenienza da una mente, da un Logos”. [11]

Ovviamente l’interpretazione cristiana non può essere che quella in base alla quale il Logos si è incarnato in un essere particolare, ossia in Gesù, la qual cosa non è necessariamente da condividere per apprezzare e condividere il riferimento fondativo della cultura occidentale al Logos.

Qui non è luogo per discutere dell’interpretazione cristiana del Logos, ma di sottolineare due aspetti del discorso di Benedetto XVI, ossia che “il Dio veramente divino si è mostrato ed ha agito come Logos”.

Nel testo greco del Prologo del Vangelo di Giovanni, che è posto sull’ara del Tempio massonico, in quanto contenente la chiave di comprensione del rapporto tra l’Archè e la sua manifestazione, si legge:

En archē ēn ho lógos
kai ho
lógos ēn pros ton theon
kai theos ēn ho
lógos.

Nell’arché è il lógos

e il lógos è presso theón

e theòs è il lógos.

Un illustre linguista, Jacob Wackernagel, sostiene che théos ha innanzi tutto un senso predicativo: designa qualcosa che accade. Károl Kerenyi isolava la specificità greca nel dire di un evento: “E’ Théos”. [12]

Secondo alcuni il vocabolo théos deriverebbe dal varbo theeîn, correre e dal verbo theâsthai, vedere. Théos dà pertanto l’idea di un correre verso l’evidenza, di un manifestarsi e solo in ambito cristiano è diventato il sostantivo che significa dio.

Se un massone, come è detto nelle Costituzioni di Anderson, non può essere un ateo stupido, senza entrare nel merito del sostantivo theos e limitandoci al senso predicativo, ne deriva che un massone non può rinunciare all’azione del Logos, sia nel senso dell’ascoltare e del conformarsi, sia nel senso di imitare, ossia dell’essere creativo.

 Chi è il Dio veramente divino che si è mostrato e ha agito come Logos? Leggendo il Prologo di Giovanni parrebbe con tutta evidenza l’Arché, ossia il Principio e così l’Arché si mostra e agisce come Logos. Il Logos, pertanto ha un’importanza somma, in quanto è il mostrarsi e l’agire del Principio, ossia è l’energia creativa del Fondamento.

Logos non è solo verbo o ragione; è anche l’azione che raccoglie in sé (leghein) il senso e il significato delle cose e pertanto è il Fondamento di informazione significante in azione: energia dotata di significato e di senso e in quanto azione che raccoglie in sé il senso e il significato delle cose, il Logos orienta.

Logos, spiega Martin Heidegger, “può anche significare qualcosa che diviene visibile mediante la sua relazione a qualcosa, mediante la sua «relazionalità»” e, conseguentemente, “assume il significato di relazione e rapporto”. [13]

Che Logos abbia il significato e il valore di rapporto è convinzione anche di Paolo Zellini, il quale scrive: “L’infinito era assenza (stéresis), potenzialità pura, e qualsiasi cosa, per esistere e per durare doveva opporsi alla negatività del senza-limite. Era questo, nella matematica greca, il compito del Logos, del rapporto in cui si trovano i prodromi del numero moderno”.[14] “L’enumerazione – aggiunge Zellini – era una prerogativa del Logos, che alludeva a un’operazione di scelta e di raccolta, di aggregazione ordinata di diverse entità in un unico insieme”. [15]

Il manifestarsi è un tocco che colpisce l’anima

Un’ulteriore conferma di quanto sin qui affermato ci viene dalla funzione del termine Logos in quanto discorso che «lascia vedere». Logos è azione “del trarre fuori l’ente di cui si discorre dal suo nascondimento e lasciarlo vedere come non nascosto”[16], dove legein (λέγειν) significa apophàinestai, manifestare, ossia fenomenizzare.

In questo fenomenizzare è il rapporto Logos-luce.

“L’espressione greca phàinomen, a cui risale il termine «fenomeno» – scrive Heidegger – deriva dal verbo phàinestai, che significa manifestarsi; phainomenon significa quindi ciò che si manifesta, il manifestarsi, il manifesto; phàinestai stesso è una forma media di phàino, illuminare, porre in chiaro; phàino deriva dalla radice phà come phòs, la luce, il chiaro, ossia ciò in cui qualcosa può manifestarsi, rendersi visibile in se stesso”. [17]

Manifestare ha il suffisso – fest, che deriva dal greco theîno: colpisco, tocco.

Interessante, a questo proposito, quanto ci dice il Cardinale Joseph Ratzinger (oggi Papa Benedetto XVI) nel suo commento teologico al messaggio di Fatima.

“Vedere interiormente – scrive il Cardinale Joseph Ratzinger – non significa che si tratta di fantasia, che sarebbe solo un’espressione dell’immaginazione soggettiva. Piuttosto significa che l’anima viene sfiorata dal tocco di qualcosa di reale anche se sovrasensibile e viene resa capace di vedere il non sensibile, il non visibile ai sensi — una visione con i « sensi interni ». Si tratta di veri «oggetti », che toccano l’anima, sebbene essi non appartengano al nostro abituale mondo sensibile. Per questo si esige una vigilanza interiore del cuore, che per lo più non c’è a motivo della forte pressione delle realtà esterne e delle immagini e pensieri che riempiono l’anima. La persona viene condotta al di là della pura esteriorità e dimensioni più profonde della realtà la toccano, le si rendono visibili. Forse si può così comprendere perché proprio i bambini siano i destinatari preferiti di tali apparizioni: l’anima è ancora poco alterata, la sua capacità interiore di percezione è ancora poco deteriorata. «Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai ricevuto lode», risponde Gesù con una frase del Salmo 8 (v. 3) alla critica dei Sommi Sacerdoti e degli anziani, che trovavano inopportuno il grido di osanna dei bambini (Mt 21, 16)”.
“La «visione interiore» – scrive sempre il Cardinale Joseph Ratzinger – non è fantasia, ma una vera e propria maniera di verificare, abbiamo detto. Ma comporta anche limitazioni. Già nella visione esteriore è sempre coinvolto anche il fattore soggettivo: non vediamo l’oggetto puro, ma esso giunge a noi attraverso il filtro dei nostri sensi, che devono compiere un processo di traduzione. Ciò è ancora più evidente nella visione interiore, soprattutto allorché si tratta di realtà, che oltrepassano in se stesse il nostro orizzonte. Il soggetto, il veggente, è coinvolto in modo ancora più forte. Egli vede con le sue possibilità concrete, con le modalità a lui accessibili di rappresentazione e di conoscenza. Nella visione interiore si tratta in modo ancora più ampio che in quella esteriore di un processo di traduzione, così che il soggetto è essenzialmente compartecipe del formarsi, come immagine, di ciò che appare. L’immagine può arrivare solo secondo le sue misure e le sue possibilità. Tali visioni pertanto non sono mai semplici « fotografie » dell’aldilà, ma portano in sé anche le possibilità ed i limiti del soggetto che percepisce”.

Il manifestarsi è un “tocco” di qualcosa di reale.

Contemplare il Logos è theoria

Logos, in quanto relazione, può essere considerato una “rete relazionale”, ossia un insieme di potenze come i biblici Elohim.

Nella traduzione dei Settanta Elohim è tradotto con theós, secondo la modalità che singolarizza il plurale per farne un unico dio, ma theós deriva dai verbi theeîn, correre e theâsthai, vedere (théa è sguardo), da cui deriva il sostantivo theòs, malamente tradotto con dio e, meglio, con “colui che corre verso l’evidenza”.

Il Logos è al centro della riflessione massonica e questa incontestabile realtà è resa evidente dal fatto che ad ogni apertura dei lavori di Loggia sull’ara è posto il testo del Prologo del Vangelo di Giovanni, un testo greco che inizia mettendo in luce il rapporto tra il Principio (Arché) e il Logos e il rapporto tra il Logos e la molteplice realtà manifesta che costituisce il punto centrale della riflessione filosofica, in quanto rapporto tra l’immutabile e il divenire, tra “la legge alla quale deve sottostare tutto ciò che sopraggiunge”[18] (Ananke, Dike) e gli accadimenti, ossia al molteplice che “si para davanti”, che si manifesta e che diviene, ossia “arriva da”. Il rapporto tra l’immutabile e il divenire è antica questione, mai definitivamente risolta e, conseguentemente, millenario oggetto di riflessione.

Logos è vocabolo greco che riassume in sé molteplici significati e che, nello sforzo ermeneutico della complessità della sua realtà essenziale ed esistenziale, vede convergere tradizioni e culture che hanno connotato di sé quello che oggi chiamiamo riassuntivamente Occidente, il cui cuore è stata ed è l’Europa.

In questo sforzo ermeneutico e di costante tensione conoscitiva trova la sua corretta collocazione l’affermazione di Anderson che, riguardo ai massoni, “si reputa più conveniente obbligarli soltanto a quella religione nella quale tutti gli uomini convergono, lasciando loro le loro particolari opinioni o le persuasioni che li possono distinguere, per cui la Massoneria diviene il Centro di Unione e il mezzo per conciliare sincera amicizia fra persone che sarebbero perpetuamente distanti”.

Anderson, pastore protestante, scriveva i landmark nel 1723, in un periodo nel quale il confronto aspro e cruento tra correnti religiose non era del tutto scemato e aveva lasciato sul terreno morte e distruzione.

Quel Centro d’Unione aveva molto il sapore di una pacificazione tra cattolici e protestanti, ma alla luce di un’analisi attenta dei rituali formatisi nel ‘600 e codificati da Elias Ashmole, assume un valore universale in ragione del Logos inteso nell’accezione eraclitea.

 In cammino ascoltando il Logos

Riassumendo il contenuto di alcuni frammenti eraclitei, Miroslav Marcovich, scrive che “a livello logico il Logos è valido universalmente e opera in tutte le cose” (114 + 2 DK), che “a livello ontologico, il Logos è un sostrato al di sotto della pluralità sensoriale delle cose: è una unità sottostante a questo ordinamento del mondo”; che “a livello epistemologico, riconoscere il Logos, è condizione necessaria per una reale e corretta conoscenza dell’ordinamento del mondo” (30DK) e, infine, che “a livello etico di comportamento, il Logos, è una regola di corretta condotta di vita (…)“.[19]

 

“Eraclito – ci ricorda Miroslav Marchovic – mostra il metodo per raggiungere il Logos: analizzando correttamente ciascuna cosa delle (due) parti che la costituiscono, ne risulterà una sorta di unità grazie al Logos universale”. [20]

 

Scrive Eraclito: “Le cose di cui c’è vista e udito e percezione queste in verità io preferisco” (fr.55DK) e aggiunge: “Gli occhi sono testimoni più fedeli degli orecchi” (Fr 101 a DK).

Tuttavia Eraclito ci avverte che: “Cattivi testimoni sono occhi ed orecchi per gli uomini, se questi hanno anime che non ne comprendono il linguaggio” (fr.107 DK) e che: “L’apprendere molte cose non insegna l’intelligenza; altrimenti l’avrebbe insegnato a Esiodo e Pitagora; e anche a Senofane e Ecateo”. Figuriamo se lo può insegnare ad una smart.

“La percezione sensibile e l’esperienza – commenta Miroslav Marchovic – richiamano la condizione basilare per l’apprendimento del Logos onnipresente, ma questa non è la sola condizione: altre ne sono richieste, fra cui l’intelligenza, la facoltà di interpretare correttamente i dati dell’esperienza e l’intuizione. Senza tali condizioni l’uomo non può raggiungere il Logos, né ottenere la sapienza (nous), rimanendo ad uno stadio sterile”. [21]

Percezione sensibile, intelligenza, facoltà di interpretare e intuizioni non sono delegabili ad alcuna smart e surrogabili da alcuna smart.

Una sfida per il Terzo millennio

Il pensiero unico, l’idea di un’Umanità senza radici e senza patrie (i luoghi dei padri, degli antenati), senza storia e senza tradizioni, così come l’idea di un “nuovo umanesimo” che fa la pari con l’idea sempre coltivata dai totalitarismi dell’uomo nuovo, sono la frontiera della sfida del Terzo Millennio. Una frontiera sulla quale si combattono due distinti fronti: quello dell’Essere Umano e quello dell’Uomo Nuovo Transumanizzato.

Una frontiera dove avanza la nuova peste dell’algoritmo sostituito al Logos, dove la stessa Chiesa, guidata dal gesuita José Mario Bergoglio, si va trasformando in un apparato politico mondialista, che poco ha a che fare con il suo essere cattolica, (dal latino ecclesiastico catholicus, a sua volta dal greco καθολικός, katholikòs), cioè universale, che non significa mondialista secondo i parametri del mondialismo finanziario e della cancellazione delle diversità culturali, tradizionali, storiche dei popoli.

 E’ in corso il tentativo di passare dall’umanesimo al transumanismo, cammuffato da un “nuovo umanesimo” che è l’estinzione dell’Umanità.

Il transumanismo ha profonde radici nel cosmismo, una corrente filosofica sviluppatasi in Russia a partire dall’Opera comune di Nikolaj Fëdorov (1829-1903) e la cui caratteristica principale è l’idea di “evoluzione attiva” o “evoluzione autodiretta” della razza umana, con una visione ottimista sui destini e le potenzialità sconfinate dell’umanità, una mirabile fede nell’evoluzione e nello sviluppo inevitabili della conoscenza umana.

Gli aderenti del cosmismo credono che gli uomini siano destinati a diventare un fattore decisivo nell’evoluzione cosmica, conquistando, trasformando e perfezionando l’universo, sconfiggendo la malattia e la morte, e infine generando una razza umana immortale.

Con il termine “Cosmismo”, coniato verso gli anni settanta del XX secolo, s’indica un vasto movimento culturale nato e sviluppatosi in Russia a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Una corrente che unisce filosofi, scienziati ed artisti, che amalgama elementi radicati nella tradizione spirituale dell’anima russa con la scienza e la tecnica occidentale moderna. Una corrente sorprendentemente creatrice, fertile ed eclettica, che è stata capace di partorire ed influenzare alcune delle più importanti personalità russe del novecento, cresciuto in quell’humus culturale unico da cui è germogliata anche l’altra grande rivoluzione del tempo, l’ «assalto al cielo» del bolscevismo, influenzandosi reciprocamente. Le idee di Fëdorov ebbero influenza su Dostoevskij, Tolstoj, Solovev.

Durante il periodo sovietico, specialmente nei primi anni rivoluzionari, questa corrente scientifico-filosofica-religiosa ricevette la stima, l’appoggio e l’entusiasmo non solo nella ristretta cerchia dei ricercatori scientifici, ma anche di personalità politiche che a volte sopprimendo, a volte alimentando una tendenza che parve quasi occultista, se ne resero in qualche modo protagonisti.

Storicamente è con il lavoro culturale di Aleksandr Gorskij (1886-1943) e Nikolaj Setnitskij (1888-1937) che ebbe inizio la transizione dal fedorovismo puro al cosmismo.

Il cosmismo – con le sue idee forza dell’“evoluzione attiva” e delle potenzialità cosmiche dell’umanità – è comunque una filosofia universale, e come tale lo è anche la sua eredità. Non sorprende quindi di ritrovare richiami al cosmismo anche in altre parti del mondo. Per esempio il ‘Manifesto Cosmista’ dello statunitense Ben Goertzel. In esso sono contenute 10 tesi cosmiste.

Manifesto Cosmista di Goertzel.

1) L’umanità si fonderà con la tecnologia, rapidamente ed in modo sempre più esteso e profondo. Questa è una nuova fase dell’evoluzione della nostra specie, che sta cominciando ad essere evidente ai nostri giorni. La divisione fra il naturale e l’artificiale sarà prima sfumata, e poi sparirà. Alcuni di noi continueranno ad essere umani, ma con un’espansione radicale e crescente delle opzioni disponibili, ed una diversità e complessità radicalmente aumentate. Altri cresceranno fino a divenire nuove forme di intelligenza, molto al di là del dominio umano.

2) Svilupperemo tecnologie di intelligenza artificiale cosciente e mind uploading. Il mind uploading permetterà di estendere indefinitamente la vita di quelli che sceglieranno di lasciarsi la biologia alle spalle (uploads). Alcuni uploads sceglieranno di fondersi con altri uploads e con intelligenze artificiali. Questo richiederà un ripensamento e una riformulazione della nozione di identità personale, ma saremo capaci di farvi fronte.

3) Raggiungeremo le stelle, e ci espanderemo nell’universo. Incontreremo altre specie nel cosmo, e ci fonderemo con loro. Potremmo anche raggiungere altre dimensioni dell’esistenza, oltre quelle di cui siamo attualmente consapevoli.

4) Svilupperemo realtà sintetiche interoperabili (mondi virtuali) capaci di contenere esseri coscienti. Alcuni uploads sceglieranno di vivere in mondi virtuali. La divisione fra realtà fisiche e sintetiche sarà prima sfumata, e poi sparirà.

5) Svilupperemo tecnologie di ingegneria spazio-temporale ed una “magia futura” basata sulla scienza, molto al di là delle nostre attuali comprensione ed immaginazione.

6) L’ ingegneria spazio-temporale e la magia futura permetteranno di realizzare, attraverso la scienza, molte delle promesse delle religioni—e molte cose meravigliose che nessuna religione ha mai sognato. Un giorno saremo capaci di resuscitare i morti “copiandoli al futuro”.

7) La vita intelligente diverrà il fattore principale nell’evoluzione del cosmo, e guiderà questo nelle direzioni volute.

8) Radicali progressi tecnologici ridurranno drasticamente la scarsezza delle risorse materiali, in modo da rendere possibile un’abbondanza di ricchezza, crescita ed esperienza, per tutte le menti che così desiderano. Nuovi sistemi di auto-regolazione emergeranno per mitigare la possibilità che la mente esaurisca, oltre ogni controllo, le vaste risorse del cosmo.

9) Nuovi sistemi etici emergeranno, basati su principi che includeranno la diffusione di gioia, crescita e libertà nell’universo, e anche su nuovi principi che non possiamo ancora immaginare.

10) Questi cambiamenti miglioreranno in modo fondamentale l’esperienza soggettiva e sociale degli esseri umani, delle nostre creazioni e dei nostri successori, portando a stati di consapevolezza personale e condivisa le cui meravigliose vastità e profondità andranno molto al di là dell’esperienza dei “vecchi umani”.

Nuovi umani senza umanità

 Il pericolo della disumanizzazione era presente già ad alcuni scrittori, come Orwell e Isaac Asimov, il quale nei suoi scritti di fantascienza (che oggi non appare più tanto fanta) scrisse le tre leggi della robotica, che furono pubblicate per la prima volta nel 1942 nel racconto “Circolo vizioso”, apparso sulla rivista specializzata statunitense Astounding Science Fiction.

Nei romanzi dello scrittore russo-americano, le tre leggi della robotica governano il comportamento dei cosiddetti robot positronici, macchine create per servire l’uomo, dotate di sistemi di sicurezza per non nuocergli.

Si tratta di principi rigidi, da non trasgredire, teorizzati per rassicurare l’umanità sulle buone “intenzioni” dei robot. Vediamo cosa dicono:

Prima Legge: “Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che a causa del proprio mancato intervento un essere umano riceva danno”.

Seconda legge: “Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani purché tali ordini non contravvengano alla prima legge”.

Terza legge: “Un robot deve proteggere la propria esistenza purché questo non contrasti con la prima e la seconda legge”.

Successivamente l’autore di “Io Robot” ne aggiungerà una quarta, superiore per importanza a tutte le altre ma valida solo per gli automi più sofisticati, definita legge zero: “Un robot non può recar danno all’umanità e non può permettere che, a causa di un suo mancato intervento, l’umanità riceva danno”.

La deriva del disumanesimo e le radici naziste

 La deriva del disumanesimo presenta anche aspetti di modificazione dell’essere umano che derivano dall’ideologia eugenetica nazista, come quella operata nel progetto Lebensborn. “Lebensborn – scrive Ingrid Von Oelhafen – è un’antica parola tedesca che significa “sorgente di vita”, travisata e distorta dall’eugenetica nazionalsocialista”.[22]

Sorgente di vita travisata.

Il trasformismo è la faccia inquietante del nuovo umanesimo.

Le teorie giustificazioniste dell’utero in affitto ricordano il progetto Lebensborn, con il traffico di bambini rubati alle famiglie e ritenuti razzialmente trasformabili in tedeschi di pura razza ariana. L’idea che i figli possano essere sradicati dalle famiglie con leggerezza non è figlia di nessuno, così come è di stampo nazista l’idea di costruire esseri umani a piacimento, scegliendo alla banca dati ovociti e spermatozoi per depositarli in una donna ridotta a fattrice per soddisfare gli egoismi di chi può permettersi di usare i soldi per fare qualsiasi cosa.

Il nazismo non è finito con la fine del Terzo Reich. Cile Brasile, l’Argentina di Peron e di Videla e della Guardia de Hierro, sono stati luoghi sicuri per i gerarchi nazisti e per la continuazione degli esperimenti eugenetici.

In particolare l’Argentina è stata il fulcro dell’accoglienza degli emigrati nazisti. “Schematizzando, si può dire – scrive in proposito Guido Caldiron – che le zone [prescelte] furono quattro: la Selva misionera che offriva sicurezza per la sua posizione lungo le frontiere con Paraguay e Brasile; la valle di Calamuchita e le grandi sierre di Córdoba, nel centro del Paese e con piccole comunità in un paesaggio alpino come – fra le altre – Santa Rosa de Calamuchita, La Cumbrecita e Villa General Belgrano; la regione che circonda San Carlos de Bariloche, fra laghi e montagne e a un passo dalla frontiera con il Cile; infine, le località a nord della capitale federale: Villa Ballester, El Palomar, Olivos, San Isidro, Vicente López, Florida e San Fernando”.[23]

Con la connivenza dell’Argentina, del Brasile, del Paraguay il dottor morte dei campi di sterminio nazista, Josef Mengele, continuò a fare i suoi esperimenti sui gemelli e sulla clonazione degli esseri umani.

Nelle pieghe nascoste del “nuovo umanesimo” non si nasconde solo l’orwelliana presenza del Grande Fratello in veste algoritmica, ossia la follia di trasformare l’essere umano in una macchina immortale, ma anche il fondo razziale eugenetico nazista.

Un futuro per l’Europa è nel ritorno al Logos

Per concludere.

L’Unione Europea, se vuole avere un futuro, deve dotarsi di una carta costituzionale che stabilisca anzitutto i valori fondamentali ai quali dovranno conformarsi le norme comunitarie e quelle dei singoli stati membri.

Oggi l’Unione Europea non ha una carta costituzionale ed è un leviatano burocratico-finanziario, basato sul fragile piedistallo della moneta unica e ammorbato da una deriva totalitaria dovuta al pensiero unico transumanista che ha progressivamente contaminato le élite che la governano.

L’Unione Europea va rifondata e dotata di una carta costituzionale e deve passare dall’Euro al Logos, recuperando le sue autentiche antiche radici.

© Silvano Danesi

 

[1] Edoardo Boncinelli e Antonio Ereditato, Il cosmo nella mente, Saggiatore

[2] Antonio Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[3] Edoardo Boncinelli e Antonio Ereditato, Il cosmo nella mente, Saggiatore

[4] Bessel Van Der Kolk, Il corpo accusa il colpo, Cortina

[5] Edward O. Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[6] Edward O. Wilson, Le origini della creatività, Cortina

[7] Daniel J. Siegel, I misteri della mente, Cortina

[8] Vedi Dylan Evans, Emozioni, Oxford University Press

[9] Edoardo Boncinelli, La vita nella nostra mente, Laterza

[10] Antoniuo Damasio, Lo strano ordine delle cose, Adelphi

[11] da Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, Liberare la libertà, Cantagalli

[12] Le citazioni sono tratte da Roberto Calasso, La letteratura degli dèi, Adelphi

[13] Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi

[14] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[15] Paolo Zellini, La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini, Adelphi

[16] Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi

[17] Martin Heidegger, Essere e Tempo, Longanesi

[18] Emanuele Severino, Legge e caso, Adelphi

[19] Miroslav Marcovich, in Eraclito, testimonianze, imitazioni e frammenti, Bompiani

[20] Miroslav Marcovich, in Eraclito, testimonianze, imitazioni e frammenti, Bompiani

[21]Miroslav Marcovich, in Eraclito, testimonianze, imitazioni e frammenti, Bompiani

[22] Ingrid Von Oelhafen e Tim Tate, I figli segreti di Hitler, Newton Compton

[23] Guido Caldiron, I segreti del Quarto Reich, Newton Compton