Retelit, una scalata sospetta che porta al Vaticano e ai suoi interessi geopolitici

 

Che fine ha fatto la vicenda Retelit? Non è una domanda oziosa, visto che la scalata alla società strategica nelle telecomunicazioni è stata oggetto di una serie di servizi giornalisti per poi sparire nel nulla.

 

Ricapitoliamo, partendo dai fondi dell’Obolo di San Pietro, che dovevano andare ad un investimento petrolifero in Angola, ma poi sono stati dirottati per l’acquisto di un palazzo in Sloane Square a Londra.

A operare è il Fondo Athena (che fa riferimento al Vaticano), i cui soldi, mentre l’investimento londinese fatica a decollare, vengono usati per scalare Banca Carige (per molto tempo banca di riferimento della Cei), Tas e Retelit.

Per quest’ultima scalata il Financial Times, ha scoperto che una società finanziata da un fondo d’investimento finito al centro di uno scandalo Vaticano aveva assunto l’attuale presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte come consulente poco prima della sua nomina a capo del governo.

La vicenda risale alla primavera del 2018, quando il fondo Fiber 4.0, di proprietà al 40 per cento del finanziere Raffale Mincione, si stava scontrando con un’altra cordata di azionisti per il controllo di Retelit, una società proprietaria di 8 mila chilometri di fibra ottica in tutta Italia. Il Financial Times ha scoperto che il denaro con cui Mincione aveva conquistato la posizione di guida all’interno di Fiber 4.0, circa 200 milioni di euro, proveniva dalla segreteria di Stato del Vaticano. Proprio la segreteria di Stato del Vaticano e i suoi giri di affari con le società di Mincione sono al centro di un’indagine della polizia vaticana, che all’inizio di ottobre ha portato alla sospensione di cinque dipendenti della segreteria di Stato e al sospetto che milioni di euro siano stati sottratti alle casse del Vaticano per realizzare investimenti azzardati.

Conte venne coinvolto in questa vicenda proprio dal consorzio Fiber 4.0 guidato da Mincione. Nell’aprile del 2018 il gruppo era stato sconfitto in una votazione per il controllo di Retelit. Per cercare di rovesciare il risultato Fiber 4.0 ingaggiò Conte come consulente per un parere legale. Il 14 maggio, poche settimane prima della formazione del governo Lega-Movimento 5 Stelle, Conte inviò la sua consulenza a Fiber 4.0: l’unico modo di rovesciare la votazione a loro sfavore era un intervento del governo tramite il “golden power”, lo strumento che permette all’esecutivo di imporre a società ritenute strategiche, come quelle di telecomunicazioni, di seguire particolari orientamenti o di fare certe scelte piuttosto che altre. Meno di un mese dopo Conte divenne presidente del Consiglio e in uno dei primi Consigli dei ministri venne deciso di esercitare il “golden power” su Retelit, esattamente come lui stesso aveva suggerito nel suo parere per conto di Fiber 4.0.

Il Presidente del Consiglio ha più volte ribadito che non vi è stato alcun conflitto di interessi e non è non spetta a noi stabilire se ha torto o ragione. Per questo ci sono gli organi competenti.

Rimane il fatto che l’intreccio porta dritto in Vaticano, perché è con i suoi soldi che si sono fatte varie operazioni.

Va sottolineato che Retelit non è una società qualsiasi.

 

Retelit, uno dei principali operatori italiani di servizi dati e infrastrutture nel mercato delle telecomunicazioni, ha infatti ampliato, nel marzo 2018, come si legge sul sito della società, la sua rete internazionale con l’inserimento di nuove tratte di capacità in Asia e in Europa, pari a 160 Gbps. Le nuove rotte vanno ad aggiungersi a quelle già operative sul cavo sottomarino AAE-1, che con i suoi 25.000 km collega tre continenti (Asia, Africa, Europa) da Marsiglia a Hong Kong, e a quelle paneuropee.

L’operazione ha previsto l’apertura di nuove rotte diversificate per il Mediterraneo e il Far East. In particolare, Retelit ha rafforzato la sua presenza in Asia con un nuovo collegamento diretto tra Singapore e Hong Kong, diversificato rispetto alla corrispondente tratta già raggiunta tramite il cavo sottomarino AAE-1, nell’area del Mediterraneo con un anello tra la Sicilia e la Grecia (in particolare tra Palermo e Atene) e, infine, diversificando la tratta end to end dall’Italia al Far East, con un ulteriore collegamento diretto tra Palermo e Singapore.

Sempre sul sito della società si legge che l’infrastruttura in fibra ottica di proprietà della società si sviluppa per oltre 12.500 chilometri (equivalente a circa 321.000 km di cavi in fibra ottica) e collega 10 reti metropolitane e 15 Data Center in tutta Italia. Con 4.000 siti on-net e 41 Data Center raggiunti, la rete di Retelit si estende anche oltre i confini nazionali con un ring paneuropeo con PoP nelle principali città europee, incluse Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Marsiglia, raggiungendo anche New York e il New Jersey, negli USA.

Retelit è membro dell’AAE-1 (Africa-Asia-Europe-1), consorzio che gestisce il sistema di cavo sottomarino che collega l’Europa all’Asia attraverso il Medio Oriente, raggiungendo 19 Paesi, da Marsiglia a Hong Kong, con una landing station di proprietà a Bari e del Consorzio Open Hub Med, nodo delle telecomunicazioni digitali nell’area del Mediterraneo, con un Data Center di proprietà a Carini (PA).

Dal novembre 2018 l’azienda è parte di Ngena (Next Generation Enterprise Network Alliance), alleanza globale di operatori di telecomunicazioni nata per condividere i network proprietari dei membri e fornire una rete di connettività dati globale stabile e scalabile.

Tali asset fanno di Retelit il partner tecnologico ideale per gli operatori e per le aziende, con un’offerta completa di soluzioni digitali e infrastrutturali di qualità, affidabili e sicure. I servizi vanno dalla connessione Internet in fibra ottica al Multicloud, dai servizi di Cyber Security e Application Performance Monitoring ai servizi di rete basati su tecnologia SD-WAN.

 

Retelit è, come si vede, una società strategica nelle telecomunicazioni e non sfugge che rientra nell’alveo della sicurezza nazionale e di quella delle alleanze che l’Italia ha con altri Paesi europei e con l’America.

 

La scalata a Retelit ha avuto ed ha chiaramente un valore strategico per il ruolo dell’Italia nel quadro internazionale.

 

Che ci faceva il Vaticano in questa complessa manovra? E’ questa la vera domanda alla quale rispondere, visto che il Vaticano è il maggior sponsor dei rapporti dell’Italia con la Cina.

 

Se una società italiana, ossia Fiber 4.0, di fatto con i soldi del Vaticano (Fondo Athena) scala Retelit e grazie alla golden power elimina i concorrenti, di fatto consegna al Vaticano l’opportunità di avere una carta di contrattazione con la Cina in un campo strategico come è quello delle telecomunicazioni.

 

Guarda caso, Retelit è membro dell’AAE-1 (Africa-Asia-Europe-1), consorzio che gestisce il sistema di cavo sottomarino che collega l’Europa all’Asia attraverso il Medio Oriente, raggiungendo 19 Paesi, da Marsiglia a Hong Kong, con una landing station di proprietà a Bari e del Consorzio Open Hub Med, nodo delle telecomunicazioni digitali nell’area del Mediterraneo, con un Data Center di proprietà a Carini (PA).

 

La posizione dell’Italia è strategicamente decisiva e non è un caso che il Vaticano detti l’agenda al governo italiano in funzione di uno spostamento geostrategico dall’Occidente alla Cina.

 

© Silvano Danesi

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