Di Silvano Danesi
Sembra la sceneggiatura di un film di spionaggio ed è, al contrario, una realtà. Non sappiamo tutti i risvolti di questa spy story, ma è del tutto evidente che negli Usa è in atto uno scontro epocale, dai contorni ancora oscuri, che riguarda gli assetti mondiali.
A questo punto, ridurre, come viene fatto da una stampa italiana sempre meno credibile, lo scontro in atto a un duello tra Trump e Biden è, non solo riduttivo, ma fuorviante.
Il generale di corpo d’armata in pensione Thomas McInernei, in un’intervista al Www Broadcasting Network, ha dichiarato di aver appreso da sue fonti (come riporta Daniele Capezzone, su La Verità) che uomini delle forze speciali dell’esercito Usa, probabilmente appartenenti alla Delta force, avrebbero realizzato un raid presso una server farm della Cia a Francoforte e che il raid sarebbe stato cruento, con morti da parte dei soldati e da parte dei paramilitari della Cia. L’obbiettivo dell’incursione sarebbe stato il sequestro di server e di materiale informatico e che i servere e il materiale sarebbero poi stati portati in un luogo sicuro.
La notizia è di portata enorme, in quanto, se fosse confermata, non solo ci fa conoscere uno scontro armato in territorio tedesco tra forze statunitensi, ma mostra uno scontro all’ultimo sangue in atto in America tra apparati dello Stato.
La notizia di un raid a Francoforte girava da tempo, a proposito dei server relativi alle macchine del voto americano e ai brogli sui quali lavora la squadra legale di Trump. Non solo. L’avvocato Sidney Powell ha affermato di avere le prove di mani straniere sull’hardwer e sul software di Dominion, la società ritenuta dalla stessa Powell responsabile dei brogli elettorali.
Ovviamente non sono mancate le smentite, ma ci sono alcune coincidenze che fanno pensare ad uno scontro sotterraneo di una consistenza mai vista.
Procediamo con ordine.
Anzitutto McInerney non è uno sprovveduto. Dopo essersi laureato all’USMA nel giugno 1959, fu nominato sottotenente dell’esercito degli Usa e successivamente si unì all’Air Force.
Pilota, dopo molti incarichi, McInerney nel febbraio 1981 è diventato comandante della 313 divisione aerea ed è stato poi vice capo del personale per le operazioni di intelligence, Headquarters Pacific Air Forces , Hickam Air Force Base , Hawaii , dal giugno 1983 al luglio 1985, quando divenne comandante della 3a Air Force , Royal Air Force Station Mildenhall , Inghilterra . Nell’ottobre 1986, McInerney è stato assegnato come vice comandante in capo al quartier generale delle forze aeree statunitensi in Europa , base aerea di Ramstein , Germania occidentale . È diventato comandante diAlaskan Air Command , Alaskan NORAD Region e Joint Task Force Alaska nel maggio 1988. L’ultimo incarico in servizio attivo di McInerney è stato vice capo di stato maggiore, quartier generale dell’aeronautica americana, Washington, DC. Si è ritirato dall’Air Force il 1 ° luglio 1994.
Diciamo, per brevità, che è uno ben introdotto, che non manca di agganci solidi e che ha un’esperienza alle spalle anche di intelligence.
Una coincidenza interessante riguarda il generale Michael Flynn, recentemente graziato da Trump per la vicenda Russiagate, il quale, a proposito delle elezioni Usa, ha parlato “della più grande frode che il nostro Paese abbia mai visto nella storia” ed ha aggiunto: “Ciò che sta accadendo in questo Paese non dovrebbe mai accadere. E nella mia mente non c’è dubbio che siamo a una prova del fuoco. Se non correggiamo ciò che sta accadendo entro le prossime due settimane, detesto pernsare cosa potrebbe succedere dopo”.
Un avvertimento di notevole portata, che ipotizza scenari ben più gravi di quelli dei soli brogli.
Flynn, generale dell’United States Army, ex direttore della Defense Intelligence Agency (DIA), ex comandante della Joint Functional Component Command for Intelligence, Surveillance and Reconnaissance (JFCC-ISR) ed ex membro del Military Intelligence Board, il 22 gennaio è stato nominato Consigliere per la sicurezza nazionale, ma il 13 febbraio 2017 si è dimesso dal ruolo in seguito a controversie su contatti avuti con l’ambasciatore russo a Washington prima di entrare in carica.
La carriera militare di Flynn includeva un ruolo chiave nel mettere a punto la strategia antiterrorismo degli Stati Uniti e smantellare le reti di insorti in Afghanistan e in Iraq, e gli furono assegnate numerose missioni di combattimento, operazioni convenzionali e operazioni speciali di intelligence. Era stato nominato dal presidente Barack Obama diciottesimo direttore della Defense Intelligence Agency, che diresse dal luglio 2012 al suo ritiro dall’esercito nell’agosto 2014.
Dopo aver lasciato l’esercito, Flynn ha fondato il Flynn Intel Group, che ha fornito servizi di intelligence ad aziende e governi.
Anche nel caso di Flynn stiamo parlando di uno che se ne intende e che ha solide conoscenze, soprattutto grazie alla sua esperienza di intelligence.
Una seconda coincidenza da notare con attenzione è la recente sostituzione del Segretario di Stato alla Difesa e il licenziamento di Henry Kissinger e di tutto il comitato per la politica di difesa del Pentagono.
In pratica Trump ha licenziato l’artefice della liaison dangereuse tra il blocco dei Bush e quello dei Clinton. Una liaison che aveva creato un asse trasversale delle élite finanziarie che ha prodotto la delocalizzazione produttiva in Cina, il disastro mediorientale, il globalismo e il pensiero unico politicamente corretto che è il soffocamento della libertà.
Una pulizia mai vista. La pulizia riguarda gli uomini dei Bush e dei Clinton, a dimostrazione che è un in atto uno scontro colossale.
Gli 11 consiglieri sono gli ex segretari di Stato Henry Kissinger e Madeleine Albright, l’ammiraglio in pensione Gary Roughead, che ha servito come capo delle operazioni navali, Jane Harman, un tempo membro di rango del Comitato per i servizi segreti della Camera, Rudy de Leon, un ex direttore operativo al Pentagono. Rimossi anche l’ex leader della maggioranza alla Camera Eric Cantor e David Mc Cormick, un ex sottosegretario del Dipartimento del Tesoro durante l’amministrazione di George W. Bush. Rimossi Jamie Gorelick, un vice procuratore dell’amministrazione Clinton e Robert Joseph, un capo negoziatore nucleare statunitense che ha convinto la Libia a rinunciare alle armi di distruzione di massa. Estromesso anche l’ex vice consigliere per la sicurezza nazionale di Bush JD Crouch II e Franklin Miller, un ex alto funzionario della difesa. Esclusi, infine, l’ambasciatore Paula Dobriansky e l’ex senatore James Talent, R-Mo.
Un’ulteriore coincidenza riguarda l’analisi di un ex analista dell’intelligence militare prodotta con una dichiarazione giurata con la causa legale dell’avvocato Sidney Powell contro i funzionari del Michigan. Sidney Powell insiste nel dire che ci sono “prove inequivocabili” che i server di Dominion Voter Systems erano accessibili e sono stati “compromessi da attori canaglia, come l’Iran e Cina.” Secondo quanto riportato nei giorni scorsi da The Epoch Times,la denuncia di Powell, presentata mercoledì contro il governatore del Michigan Gretchen Whitmer, il segretario di Stato Jocelyn Benson e il Board of State Canvassers, cita l’affidavit di un ex analista di intelligence elettronica e sostiene le affermazioni che “Dominion” è stato utilizzato da agenti che agivano per conto di Cina e Iran al fine di monitorare e manipolare le elezioni, comprese le ultime elezioni generali statunitensi nel 2020.
Epoch ha affermato che la causa in Georgia si estende e fa ipotizzare che “utilizzando server e dipendenti collegati con attori canaglia e influenze straniere ostili combinate con numerose credenziali trapelate facilmente individuabili, Dominion ha negligentemente consentito agli avversari stranieri di accedere ai dati e fornito intenzionalmente l’accesso a la loro infrastruttura per monitorare e manipolare le elezioni, compresa quella più recente nel 2020.
L’analista, che avrebbe affermato di avere “una vasta esperienza come hacker white hat utilizzato da alcuni dei migliori specialisti elettorali del mondo”, ha affermato di aver scansionato i nodi della rete di Dominion e trovato una serie di interrelazioni con entità straniere, compreso l’accesso a server da una rete da Hunan, Cina. Si dice che un’altra recensione abbia confermato i collegamenti a un indirizzo IP iraniano.
L’analista ha affermato che i risultati rappresentano un “completo fallimento” da parte di Dominion nel fornire “sicurezza informatica di base”.
Da parte sua, la società della macchina per il voto ha negato con forza di essere sotto l’influenza di un’entità esterna. Come riportato da The Epoch Times, Dominion ha affermato che negli ultimi giorni sono state avanzate “accuse infondate contro la società e i suoi sistemi di voto”.
La questione elettorale, come si può ben vedere, si intreccia con la geopolitica e con i futuri assetti mondiali. Nel mirino sono stati messi Iran e Cina, ma la questione è più complessa e riguarda anche i rapporti con la Russia e con l’Europa.
La sfida interna allo Stato profondo sembra destinata a non fermarsi.