Contro il mondialismo nichilista un mondo di Patrie

Il vescovo Nicolas Djomo, aprendo l’incontro panafricano dei cattolici, ha detto che “l’identità culturale e spirituale di un popolo è una ricchezza e solo un mondialismo nichilista può pensare che gli uomini e i popoli si possano sradicare e trapiantare ovunque”.

Ottimi concetti, che andrebbero applicati a tutti i popoli, e che evocano il concetto di patria, troppo spesso dimenticato o volutamente deformato.

La patria è il luogo dei padri, ossia degli antenati e riassume, per un uso invalso da secoli per cui il maschile comprende il femminile, anche la matria, ossia il luogo delle madri, delle antenate.

E’ pur vero che secondo la leggenda edenica siamo tutti figli di Adamo ed Eva, ossia di terra (Adama: terra rossa) e acqua (Eva: acqua), ossia della materia, nella quale è inclusa l’intelligenza, ma nei millenni l’umanità si è differenziata, ha elaborato idee e modi di vivere diversi l’uno dall’altro che hanno rappresentato e rappresentano l’identità dei popoli.

Le patrie sono esattamente questo: l’insieme di tradizioni, di usi e di costumi, di idee di sè e del mondo, che identificano un popolo e lo fanno diverso da un altro.

Il mondialismo nichilista, mascherato da buonismo della fratellanza universale, ha come obbiettivo l’annullamento delle diversità,  delle patrie, delle tradizioni, per creare una massa indifferenziata di esseri umani senza storia, docili pecore da tosare da parte di una ristretta élite di “illuminati”.

La fratellanza universale, così concepita, ossia tradotta in un mondo senza frontiere e senza identità, è la mascheratura di una strategia mondialista nichilista e i buonisti di tutte le latitudini non si rendono conto di essere solo lo strumento di un obbiettivo delinquenziale del quale si sono fatti corifei alcuni economisti americani, i quali ipotizzano un mondo nel quale si svolgerebbe una selezione naturale.  Naturale un corno, perché la natura è saggia e la selezione naturale, se così fosse e se fosse vera, dovrebbe includere anche il circolo degli “illuminati”. La selezione a cui pensano gli economisti del nichilismo mondiale è quella che esclude i grandi aggregati finanziari e le multinazionali e riserva la giungla a tutto il resto del mondo.  E’ il mondialismo di Obama.

Siamo ben lontani dalle idee e dalle proposte di Eleanor Roosvelt, la quale, in qualità di presidente e di membro con maggiore influenza della Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, fu la forza motrice della creazione, nel 1948, dello statuto delle libertà che sarà sempre considerato il suo retaggio: la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Non si deve percorrere la strada di un mondo senza patrie, ma di un mondo dove le patrie si armonizzano, si riconoscono nelle reciproche diversità, si rispettano e si aiutano.

Ma questa è l’epoca della rincorsa al nichilismo. Ha ragione Lutwak nel dire che in Europa, alle invasioni barbariche seguirono cinquecento anni di secoli bui e ce ne vollero altri trecento perché l’Europa conoscesse un Rinascimento.  E l’invasione attuale è il frutto di una politica americana che ha incendiato l’Africa e il Medio Oriente, creando i presupposti di un voluto esodo biblico.

Ad alimentare il nichilismo ci pensa il fondamentalismo islamico, il quale è memore delle modalità iniziali con le quali l’Islam si è affermato, saccheggiando le carovane meccane, ovviamente con tanto di giustificazione divina: “Ma non voi li uccideste, bensì Dio li uccise, e non eri tu a lanciar le frecce, bensì Dio le lanciava; e questo per provare i credenti con prova buona, poiché Dio è ascoltatore sapiente”.  I talebani sono stati armati e istruiti dall’America. I dirigenti dell’Isis sono uomini dell’ex esercito di Saddam, noto uomo della Cia, al tempo nel quale l’America aveva come alleati i Sunniti.

Obama ha stravolto le alleanze. Prima ha scelto come elemento di stabilizzazione del Medio Oriente e dell’Africa del Nord la Turchia, che guarda caso ha in testa l’islamizzazione d’Europa. Poi, ha promosso le primavere arabe, che si sono dimostrate essere guidate dai Fratelli Musulmani, nati sotto le insegne di Hitler. Non contento ha coperto la guerra a Gheddafi voluta da francesi e inglesi e supportata dal cretinismo italiano. Risultato: la destabilizzazione della Libia e la formazione di un corridoio per l’invasione dell’Europa.

Ancora non contento, l’oriundo keniota, ha stretto alleanza con gli sciiti iraniani, noti nazisti e nemici giurati di Israele.

Infine, per non farsi mancare nulla, ha alimentato il conflitto con la Russia in Europa, mettendo in condizione gli stati europei di perdere commesse in base alle sanzioni decise nei confronti di Putin.

La strategia di indebolimento dell’Europa e di islamizzazione del continente europeo non è più una fola, ma una realtà che qualcuno vuole e persegue con scientifico disegno.

Un disegno nel quale si accomodano i cristislamici, affetti da mondialismo nichilista, pronti a buttare alle ortiche una tradizione millenaria.

A questi disegni nichilisti va opposto il concetto di patria, di luogo dei padri, degli antenati, delle tradizioni, delle radici, che non possono essere sciolte in una sorta di melassa nichilista.

Se il vescovo Nicolas Djomo può, a ragione, rivendicare per gli africani il concetto fondamentale che “l’identità culturale e spirituale di un popolo è una ricchezza e solo un mondialismo nichilista può pensare che gli uomini e i popoli si possano sradicare e trapiantare ovunque”, lo stesso concetto vale anche per noi, per le nostre tradizioni, per i nostri valori, per l’eredità che ci hanno lasciato i padri.

E’ un concetto fondamentale, perché non vogliamo un mondo nichilista, indifferenziato, governato da un grumo di ricchi sedicenti “illuminati” e popolato da una massa di pecore da tosare, ma un mondo di Patrie, che collaborano, riconoscendo le differenze e rispettando le reciproche identità.

Fionnbharr

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