Russiagate: dopo l’archiviazione di Flynn, riemerge la pista italiana che porta ai Dem. Il ruolo di Nawaf Obaid e Jho Low. I Biden e il ruolo dell’Ucraina. Chi è Michel Froman? – L’agente cinese Johnny Chung invitato alla Casa Bianca.
Nella vicenda Link Joseph Mifsud (il professore maltese che avrebbe dato le mail di Hillary Clinton hakerate dai Russi a George Papadopulos, collaboratore di Trump) ad un certo punto compare un accordo tra la Link e Essam & Dalal Obaid foundation (Edof) saudita, per finanziare il War and peace center, un centro di ricerca della Link.
Il finanziamento di 750 mila euro in tre anni (250 mila euro all’anno) sarebbe saltato per lo scandalo finanziario oscuro che ha coinvolto il fondo 1 Malaysia development berhad (1Mdb) e la Petrosaudi, azienda guidata da Tarek Obaid. 1Mdb vede sparire 3 miliardi e causa le dimissioni del primo ministro malaysiano Najb Razak.
Sul sito https://edof.org/fr/partenariats/link-campus-university/ si legge: “Il Centro EDOF lavorerà a stretto contatto con i vari dipartimenti accademici interdisciplinari della Link Campus University, nonché con governi e organizzazioni internazionali al fine di supportare esperti, accademici, ricercatori, diplomatici, governi e attivisti della società civile nei loro tentativi di aiutare i paesi in conflitto, crisi e transizione nel mondo. L’accordo di partenariato è stato firmato a Roma l’8 maggio 2017. “Siamo molto entusiasti di collaborare con la Link Campus Foundation per finanziare e consentire un’importante borsa di studio che mira a costruire ponti di mediazione nelle regioni di conflitto in tutto il mondo”, ha affermato il CEO di EDOF, il dott. Nawaf Obaid. “Abbiamo rispettato il lavoro di Link Campus per qualche tempo. Il Centro spera di svolgere un ruolo importante nel contribuire ai suoi sforzi per creare pace e buon governo rafforzando la capacità dei ricercatori, dei media e della società civile di esprimersi e di essere informati su questioni contemporanee vitali”.
Il professor Joseph Mifsud sarebbe stato nominato direttore fondatore del Centro per un periodo di tre anni. Borse di studio e borse di studio sarebbero assegnate nel campo degli studi di guerra e pace. Il Centro terrebbe anche seminari e conferenze internazionali, produrrebbe pubblicazioni di ricerca e nominerebbe Senior Fellows nel campo degli studi di Guerra e Pace.
Secondo Tarek Obaid, fondatore di EDOF, “Il Centro adotterà un approccio molto pragmatico per contribuire a portare un pensiero più intelligente e pertinente nell’area della mediazione dei conflitti”. Raggiungerà questo obiettivo avendo tre aree di concentrazione: formazione, tutoraggio e fornitura di piattaforme per seminari professionali ed esperti; rafforzamento delle capacità delle istituzioni e dei gruppi civici; e lavoro con partner indipendenti e ufficiali per rimuovere gli ostacoli alla libera espressione, al dibattito pubblico solido e al coinvolgimento dei cittadini aperti. “Offrire questa piattaforma di ricerca per esperti è il modo di EDOF di cercare di supportare coloro che stanno riflettendo su come possiamo portare una soluzione ad alcuni dei conflitti più intrattabili nel nostro mondo.”
La figura di Tarek Obaid e Nawaf Obaid conducono ad un possibile link con Barack Obama. Un link che passa attraverso Mike Froman, come si legge su www.sarawakreport.org.
“Se le autorità malesi – scrive Sarawakreport – si sono davvero impossessate dell’intero dossier Justo sul rapporto tra 1MDB, Jho Low e PetroSaudi, saranno in grado di verificare da sé che il 26 ottobre 2010 un certo Nawaf Obaid ha scritto un’e-mail molto strana all’allora vice Consigliere per la sicurezza nazionale per gli affari economici internazionali nel Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Michael Froman. L’email a Mike Froman era intitolata “Avviso RISERVATO”. Nawaf lo inoltrò quindi a suo fratello, Tarek Obaid, CEO di PetroSaudi, che a sua volta lo inviò a nientemeno che a Jho Low, l’uomo che aveva negoziato la joint venture 1MDB con PetroSaudi per conto del Primo Ministro Najib Razak” .
Nel testo compaiono i nomi di Jho Low , di Nawaf Obaid, di Tarek Obaid e Mike Froman.
Chi è Michael Braverman Goodman Froman, compagno di classe alla presso la Harvard Law School, di Barak Obama.
Nato il 20 agosto 1962) è un avvocato americano che è stato rappresentante commerciale degli Stati Uniti dal 2013 al 2017. È stato assistente del presidente degli Stati Uniti e vice consigliere per la sicurezza nazionale per gli affari economici internazionali, una posizione detenuta congiuntamente dal Consiglio di sicurezza nazionale e dal Consiglio economico nazionale. In quella posizione ha servito come sherpa degli Stati Uniti ai vertici delle potenze economiche G7 , G8 e G20 . Il 2 maggio 2013 il presidente Barack Obama lo ha nominato successore dell’ambasciatore Ron Kirk come rappresentante commerciale degli Stati Uniti. È stato confermato il 19 giugno 2013.
Froman, dunque, non è solo un compagno di classe del presidente Barack Obama, ma un uomo nominato dallo stesso in punti chiave dell’amministrazione Usa.
I rapporti tra Nawaf Obaid e Jho Low sembrano, dalle ricostruzioni malesi, assai stretti. Seguiamo le ricostruzioni.
Nawaf Obaid ha istituito un “istituto di studi strategici”, chiamato Saudi National Security Assessment Project e ha operato come un “think tank” privato, specializzato nella fornitura di presunte informazioni e informazioni sull’Arabia Saudita agli sconcertati occidentali.
Nel 2105 i fratelli Obaid hanno imitato Jho Low e creato una fondazione in nome dei loro genitori, che hanno fortemente promosso come istituzione filantropica.
Nawaf aveva sviluppato i suoi legami accademici e trascorso del tempo a Washington, temporaneamente come consigliere dell’ambasciatore Prince Turki al-Faisal nel 2005. Tuttavia, un articolo di opinione provocatorio nel Washington Post (che suggeriva il potenziale di guerra tra estremisti sauditi e America) gli ha fatto perdere questo lavoro.
Quindi, Nawaf è tornato a Riyad entro il 2010, coltivando i suoi contatti occidentali e fornendo i suoi “op” (opinioni) alle organizzazioni giornalistiche ogni volta che poteva. In quel momento aveva anche un lavoro nella famiglia reale saudita di Riyadh, che era considerata un accesso considerevole, così come l’amicizia e le relazioni d’affari di Tarek con il settimo figlio del re Abdullah, il principe Turki bin Abdullah.
Il database di PetroSaudi ha fornito ampie informazioni che dimostrano che durante questo periodo Nawaf Obaid è stato fortemente coinvolto nel fornire una serie di favori a Najib, per conto di Tarek e Jho Low all’indomani dell’accordo di PetroSaudi , per il quale sembra essere stato estremamente bene remunerato.
Nel frattempo, le prove via e-mail indicano che l’area principale in cui Nawaf era stato impegnato per aiutare era la campagna di propaganda anti-Anwar, mirata ad abbattere le simpatie liberali occidentali per il leader dell’opposizione malese, dipingendolo come un terrorista.
Le e-mail mostrano che questi sforzi di Nawaf e Tarek Obaid furono per volere di Jho Low, che descriveva regolarmente il Primo Ministro come il suo “BB” (grande capo). La Low aveva versato 300 milioni di dollari in PetroSaudi e pagato a Tarek una commissione di intermediazione di 85 milioni di dollari per aver agito come “fronte” nello schema per sottrarre un totale di 1,4 miliardi di dollari dalla joint venture da 1 MB.
Nawaf passava informative ai politici americani, ma cos’erano esattamente queste “informative” che Nawaf, in quanto presunto insider reale saudita, stava passando ai politici americani?
Le e-mail che sono passate tra i due fratelli Obaid e Jho Low sul database di PetroSaudi sono informative sul fronte malese, perché anche se Nawaf ha indicato a Mike Froman che il suo documento di “valutazione” era altamente segreto, in realtà lo stava facendo passare ai giornalisti, al fine di ottenere pubblicità negativa contro Anwar nei principali media statunitensi e britannici.
Perché Nawaf stava intraprendendo questo lavoro di raccontare una storia scurrile su Anwar?
Una grande quantità di corrispondenza mostra che Jho Low e il suo “BB” Najib Razak stavano tentando di sfruttare la loro relazione con gli Obaid per promuovere le loro altre agende.
Da quanto risulta dalla ricostruzione dei media malaisiani i rapporti tra Nawaf Obaid e Jho Low sono stati stretti e continuativi.
Torniamo ora a Mifsud e all’interesse di Navaf Obaid per la Link.
La ex moglie di Mifsud , Janet Mifsud, insegna all’Università di Malta ed è specializzata in farmacologia clinica e tossicologia ed è stata invitata a collaborare con la Mayo clinic, organizzazione che gestisce 70 ospedali, specializzata in ricostruzione facciale. La Mayo clinic ha un rapporto con la Essam & Dalai Obaid foudation.
“Tra Mifsud è Nawaf – scrive La Verità (20.11.2019) – è sempre corso buon sangue: già ai tempi in cui il maltese era direttore della London Accademy of diplomacy (2015) il saudita figurava come visiting fellow. E quando nel 2017 la Edof stringe la partnership con la Link, Nawaf Obaid vola a Roma per partecipare a un incontro sul G7 alla presenza, tra gli altri, dell’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria e del professor Guido Alpa, mentore del premier Giuseppe Conte”.
Al quotidiano la Verità, Alessandro Zampini, membro del cda della Link Campus University e compagno di Vanna Fadini, amministratrice della Gem, società di gestione della Link, ha dichiarato, a proposito del rifugio del professor Misfud: “Secondo me, visto che aveva amici nei Paesi arabi, probabilmente quell’area potrebbe essere un posto ‘pulito’ per lui, dove è più facile nascondersi”.
In agosto 2019 l’avvocato di Mifsud ha depositato una memoria difensiva negli Usa. John Solomon, su The Hill, in base a quanto dichiaratogli dall’avvocato Stephan Roh, scrive che “Mifsud era un collaboratore di vecchia data dei servizi di intelligence occidentali” e che gli “venne richiesto dai suoi contatti alla Link Univerity di Roma e dal London Center of International Low Practice di incontrare Papadopulos a pranzo a Roma a metà marzo 2016”.
George Papadopulos era il consigliere della campagna elettorale di Trump. Ed è proprio a Papadopulos che Mifsud spiegò di avere appreso che il governo russo possedeva materiale compromettente su Hillary Clinton.
Papadopulos, come riporta La Verità (3 agosto 2019), ha dichiarato a Star Mag “che nella telefonata di Trump a Giuseppe Conte la figura di Mifsud sia stata «parte centrale della conversazione» e che i governi italiani dell’epoca abbiano avuto un ruolo importante nella vicenda, agendo per metterlo in trappola. Quali? Quelli di Renzi e Gentiloni, grandi sostenitori dei Clinton”.
La Verità (11 agosto 2019) scrive che Rudolph Giuliani parla di una “cospirazione internazionale” e che “ci sono le prove che sia avvenuta in Ucraina, nel Regno Unito e in Italia”. Al tempo l’Italia era governata da Renzi.
“Il sospetto dell’amministrazione Trump – scrive Gabriele Carrer su la Verità dell’11 agosto 2019 – è che l’Italia di Renzi abbia avuto un ruolo nel piano dei servizi segreti occidentali per fermare Trump utilizzando Mifsud per diffondere le voci sul «materiale compromettente»”.
La Verità, 6 novembre 2019, a firma di Giacomo Amadori, scrive che Vanna Fadini è titolare al 77% e amministratore della Gem e detiene anche il 60% della Link Consulting srl e che la sigla maltese Suite Finance SccPlc è stata cooptata come socio nella compagine dell’Università per un aumento di capitale. L’operazione non è andata in porto.
Alla Link, scrive Amadori, erano in attesa di soldi russi, via Malta, ma non erano dell’Università Lomonosov.
E qui entra in scena l’Ucraina, dove opera Hunter Biden, figlio di Joe Biden.
L’8 novembre 2019 La Verità titola a pagina 11: “I 9 milioni alla Link venivano dall’Ucraina – Stephen Roh, legale controverso del prof. Mifsud, dice la sua sul misterioso bonifico che era atteso dall’ateneo il 5 marzo 2018 – «Soldi da Mosca? Scotti disse che arrivavano da Kiev». Ma il presidente nega tutto”.
Roh, nell’articolo a firma di Giacomo Amadori e Antonio Grizzuti, sostiene che Mifsud aveva più rapporti con l’Ucraina che con la Russia.
Sono giorni nei quali i Dem americani montavano la richiesta di impeachement per Trump a seguito di una telefonata al suo omologo ucraino, Volodymyr Zelensky, facendo pressioni affinchè si portasse a fondo un’indagine su Joe Biden. A scovare la notizia è Eric Ciaramella, ex Cia, ospite proprio di Biden al pranzo di Gala organizzato in onore di Matteo Renzi nell’ottobre 2016. AKiev c’è il figlio di Biden, Hunter, che è nel consiglio di amministrazione di Buirisma Holding, la più grande compagnia di gas naturale ucraina. A capo di Burisma c’è l’imprenditore ucraino già ministro dell’ecologia e delle riserve naturali tra il 2010 e il 2012, al tempo del presidente filorusso Viktor Yanukovych, deposto nel febbraio del 2014 e sostituito dall’obamiano Petro Poroshenka.
“Mentre il figlio fa affari – scrivono Giacomo Amadori e Antonio Grizzuti – Biden è il membro dell’amministrazione Obama più impegnato in Ucraina durante la crisi politica della Russia. Un’attività diplomatica rinforzata dalla promessa di 1 miliardo di aiuti a stelle e strisce. Anche grazie a questa leva il governo americano o quanto meno l’ambasciata Usa pone come condizione le dimissioni del procuratore generale dell’Ucraina Viktor Shokin, il quale stava indagando su Burisma”.
I soldi alla Link venivano secondo Roh dall’Ucraina. Da Burisma? Scotti ha engato decisamente ogni rapporto con Kiev, ma le coincidenze di luogo e di date fanno pensare ad un possibile rapporto.
Torniamo ora a Low, altro personaggio chiave della vicenda.
Jho Low è il finanziere malese che è considerato il principale responsabile dello scandalo malese. .
Low Taek Jho (nato il 4 novembre 1981), spesso chiamato Jho Low , è un malese di origine cinese ricercato dalle autorità di Malesia, Singapore e Stati Uniti in relazione allo scandalo 1MDB . È il beneficiario di numerosi beni fiduciari discrezionali dichiarati dal governo degli Stati Uniti provenienti da pagamenti provenienti dal fondo malese 1MDB . I pubblici ministeri hanno affermato che Low è stato la mente di un piano per sottrarre complessivamente 4,5 miliardi di dollari USA da 1MDB nei suoi conti personali.
Jho Low è stato associato a numerose transazioni di alto valore, tra cui acquisizioni di aziende, immobili di lusso e arte, oltre alla filantropia.
Si crede che Jho Low si trovi in Cina, dove viaggia in gran segreto attraverso le principali città. È riuscito a viaggiare liberamente nonostante la polizia malese abbia inviato un allarme rosso dell’Interpol , citando che queste azioni sono motivate politicamente.
Il 3 novembre 2019, i giornali hanno riferito che a settembre 2015 a Jho Low era stato concesso un passaporto cipriota. È stato riferito che Jho Low aveva ottenuto il passaporto nell’ambito del regime di investimenti per la cittadinanza cipriota “entro due giorni dall’investimento in alcuni immobili” a Cipro. A quel tempo, non vi era alcun mandato contro Jho Low per lo scandalo 1MDB, tuttavia era già sotto inchiesta. La rivelazione relativa alla cittadinanza cipriota di Jho Low è arrivata dopo che il sistema di investimenti per la cittadinanza cipriota è stato esaminato dopo che è stato rivelato che il governo di Cipro , sotto la presidenza di Nicos Anastasiades , aveva concesso la cittadinanza alle élite cambogiane.
Jho Low viene da una famiglia benestante—sicuramente milionaria—ma comunque meno abbiente della classe di miliardari cui lui aspira. Suo padre, Larry, aveva investito in un’azienda tessile, ma era conosciuto in tutta la Malesia come un truffatore. Low era cresciuto assistendo ai party del padre, quelli in cui faceva arrivare modelle dalla Svezia per fare festa sul suo yacht. Dal padre, Low ha imparato tutto sulle compagnie offshore. Aveva un fratello e una sorella, e Larry aveva grandi aspirazioni per tutti e tre i figli. Così, Low fu mandato ad Harrow [una scuola d’elite di Londra], dove fece amicizia con i membri di importanti famiglie reali dell’Asia e del Medio Oriente, e conobbe il figliastro del futuro primo ministro malese, Najib Razak. Voleva a tutti i costi diventare membro di quella classe sociale, e ci riuscì.
Jho aveva detto ai suoi soci che stava “lavorando con l’intelligence cinese” e che il governo di Pechino l’avrebbe protetto. Si pensa che Jho Low oggi si trovi in Cina, forse a Hong Kong, Shenzhen o Macao.
“Malaysia Development Berhad (1MDB) – scrive Sarawakreport – è un’impresa insolvente di sviluppo strategico malese, interamente di proprietà del Ministro delle finanze (incorporato). Dal 2015, la società è stata sottoposta a un attento esame per le sue transazioni sospette di denaro e prove che indicano il riciclaggio di denaro, frodi e furti. Una causa intentata dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ), ha affermato che almeno 3,5 miliardi di dollari sono stati rubati dal fondo statale 1MDB della Malesia. 1MDB è stato istituito per guidare le iniziative strategiche per lo sviluppo economico a lungo termine per il Paese attraverso la creazione di partenariati globali e la promozione di investimenti esteri diretti. 1MDB si concentra su progetti di sviluppo strategico nei settori dell’energia, immobiliare, turismo e agroalimentare. 1MDB è stato coinvolto in diversi progetti di alto profilo come il Tun Razak Exchange, il progetto gemello del Tun Razak Exchange Bandar Malaysia e l’acquisizione di tre produttori indipendenti di energia elettrica. Il 28 settembre 2009, 1MDB ha costituito una joint venture (con PetroSaudi Holdings (Cayman) Ltd; il nome della società era 1MDB-PetroSaudi Ltd con un rapporto 60:40 in cui 1MDB deteneva il 40% con un contributo in contanti di 1 miliardo di dollari, mentre PetroSaudi Holdings ha contribuito con attività di almeno 1,5 miliardi di dollari. Vi erano quattro diverse società registrate sotto il nome di PetroSaudi, ma le proposte di investimento presentate al consiglio di amministrazione di 1MDB non lo affermarono.
Lo scandalo 1Malaysia Development Berhad o 1MDB è uno scandalo politico in atto in Malesia. Nel 2015, l’allora Primo Ministro della Malesia Najib Razak è stato accusato di incanalare oltre 2,67 miliardi di RM (quasi 700 milioni di USD) da 1Malaysia Development Berhad (1MDB), una società di sviluppo strategico gestita dal governo, ai suoi conti bancari personali. L’evento ha suscitato critiche diffuse tra i malesi, con molti che chiedevano le dimissioni di Najib Razak – incluso il dottor Mahathir Mohamad, uno dei predecessori di Najib come Primo Ministro, che alla fine sconfisse Najib per tornare al potere dopo le elezioni generali del 2018”.
Quanto a Mahathir, il suo governo ha bloccato tre grandi progetti sostenuti dalla Cina, del valore complessivo di 22 miliardi di dollari (18,8 miliardi di euro, ndr). Secondo Kuala Lumpur parte del prestito elargito da una banca statale cinese sarebbe finito in tangenti. Uno dei progetti bloccati riguarda la East Coast Rail Link, la linea ferroviaria che dovrebbe collegare la Thailandia alla capitale malese Kuala Lumpur attraverso la sottosviluppata costa orientale della penisola della Malaysia. Gli altri due stop sono arrivati per due oleodotti del costo di 1 miliardo di dollari ciascuno. Lo scopo della East Coast Rail, per Pechino, era arrivare nella parte orientale del Paese direttamente dal Mar Cinese meridionale e provvedere da lì allo scarico delle proprie merci, invece di dover portare le navi attraverso Malacca, snodo molto temuto dai cinesi. Il giorno dopo, il 5 luglio, è stato bloccato un altro progetto collegato a Pechino, relativo a una pipeline ed anche in questo caso si tratta di un piano pesante, di circa un miliardo di dollari.
Mahathir aveva lasciato intendere che non avrebbe intaccato la presenza cinese in Malaysia, in termini di investimenti, facendo altresì capire che si sarebbe resa comunque necessaria una ricontrattazione con la Cina. E in previsione della sua visita a Pechino ha probabilmente voluto fare capire ai cinesi che le sue intenzioni erano serie. La scorsa settimana la sua posizione al riguardo era stata espressa in una lunga intervista al South China Morning Post, il quotidiano di Hong Kong.
«Siamo sempre stati in contatto con la Cina», ha spiegato il premier, «Ai miei tempi (Mahathir ha guidato il paese dal 1981 al 2003, ndr) abbiamo sviluppato un’ottima relazione con la Cina, tanto da divenirne a volte portavoce. Siamo vicini da duemila anni e non ci hanno mai conquistato. Ho sempre considerato la Cina un buon vicino e un grande mercato per i nostri prodotti. La Malaysia è un Paese di commercio. Abbiamo bisogno di mercati e non intendiamo certo litigare con un mercato di quelle dimensioni».
Poco dopo, però, Mahathir mette in chiaro quanto probabilmente dirà ai dirigenti cinesi: «Sono state fatte cose dal precedente governo che non erano nell’interesse o a vantaggio della Malaysia. Noi diamo il benvenuto agli investimenti esteri diretti da ovunque provengano e certamente dalla Cina. Quando però questo significa cedere contratti alla Cina, prendere in prestito enormi somme di denaro dalla Cina. I contractor cinesi preferiscono usare forza lavoro dalla Cina e importano qualunque cosa dalla Cina, persino i pagamenti non vengono effettuati qui ma in Cina, noi non ne ricaviamo nulla».
E poco dopo queste parole, il governo di Myanmar ha ufficializzato l’intenzione di ridimensionare il progetto di una vasta zona economica speciale nello Stato di Rakhine, affidato alla Cina. Per Pechino, dunque, i rischi arrivano dal nuovo governo di Kuala Lumpur: il cortile di casa potrebbe non essere così sotto controllo come si pensava.
Riassumendo:
La Link ha un accordo con la Edof di Nawaf e Tarek Obaid dalla quale attendeva un finanziamento di 750.000 euro.
Tarek Obaid è il fondatore della Edof e della Petrosaudi, con la quale, il 28 settembre 2009, 1MDB ha costituito una joint venture (con PetroSaudi Holdings Ltd).
Nel 2015, l’allora Primo Ministro della Malesia Najib Razak è accusato per uno scandalo e nel frattempo la Malesia sviluppa con la Cina progetti poi bloccati dal nuovo governo. Uno dei progetti bloccati riguarda la East Coast Rail Link, la linea ferroviaria che dovrebbe collegare la Thailandia alla capitale malese Kuala Lumpur attraverso la sottosviluppata costa orientale della penisola della Malaysia. Gli altri due stop sono arrivati per due oleodotti del costo di 1 miliardo di dollari ciascuno. Lo scopo della East Coast Rail, per Pechino, era arrivare nella parte orientale del Paese direttamente dal Mar Cinese meridionale e provvedere da lì allo scarico delle proprie merci, invece di dover portare le navi attraverso Malacca, snodo molto temuto dai cinesi. Il giorno dopo, il 5 luglio, è stato bloccato un altro progetto collegato a Pechino, relativo a una pipeline ed anche in questo caso si tratta di un piano pesante, di circa un miliardo di dollari.
Scoppia lo scandalo malese ed emergono i contatti tra Nawaf e Jho Low.
Tre personaggi: Jho Low, Patrick Mahony e Tarek Obaid mettono in relazione l’intelligence cinese con l’Arabia Saudita e con Barak Obama.
Danial Dzulkifly (Kuala Lampur, 6 nov 2019) su Malaymail.com scrive: “L’ex CEO di 1DMB sostiene che Jho Low, Patrick Mahony e Tarek Obaid cospirati per ingannare Najib. L’ex amministratore delegato della Malesia Development Berhad (1MDB) Datuk Shahrol Azral Ibrahim Halmi ha concordato con l’affermazione della difesa del processo, che il finanziere fuggiasco Low Taek Jho aveva cospirato con due direttori di Petrosaudi International Limited (PSI), Patrick Mahoney e Tarek Obaid per fuorviare l’ex Primo Ministro Datuk Seri Najib Razak, l’Alta Corte lo ha ascoltato oggi. L’affermazione è stata avanzata dall’avvocato di Najib Tan Sri Muhammad Shafee Abdullah, che ha interrogato Shahrol sul contenuto di un’e-mail tra Obaid e Mahony, che aveva cospirato con Low per non dire a Najib una perdita di 500 milioni di dollari per la joint venture abortiva tra 1MDB e PSI. L’email che è stata letta in tribunale da Shafee ha mostrato che Obaid e Mahony, insieme a Low, intendevano cancellare la perdita presumibilmente causata dalle “promesse e ritardi infranti” di 1MDB. “In base al punto quattro e solo al punto quattro, sembra che ci sia una cospirazione per fuorviare il primo ministro”, ha detto Shahrol. Shahrol si riferiva a un paragrafo sull’e-mail in cui Mahoney scriveva a Obaid: “Penso che dire che i ritardi ci siano costati … ci aiuti perché possiamo quindi incolparli per le perdite in seguito.” Shafee ha anche suggerito a Shahrol che tutti e tre i finanziatori avevano sottratto $ 500 milioni per il loro uso personale e avevano cospirato per frodare più fondi da 1MDB. Tuttavia, Shahrol ha risposto che non era a suo agio nel concordare con il suggerimento di Shafee, affermando che non aveva informazioni complete per concludere con l’affermazione di quest’ultimo. Ad un certo punto, nell’agosto 2010, tutti e tre i finanziatori intendevano invece convincere Najib a investire altri 500 milioni di dollari con loro per presumibilmente catturare altre opportunità di investimento redditizie. Ieri Shahrol ha spiegato che 1MDB ha registrato gravi perdite nei suoi rapporti commerciali con PSI, incluso un investimento iniziale di 1 miliardo di dollari, un prestito di 500 milioni di dollari nel 2010 e un altro prestito di 330 milioni di dollari nel 2011. Shahrol aveva anche precedentemente testimoniato che il miliardo di dollari USA era stato versato sotto forma di $ 300 milioni alla società di joint venture PSI-1MDB e alla società da $ 700 milioni alla Good Star Limited. I pubblici ministeri hanno affermato che 20 milioni di dollari statunitensi dei 700 milioni di dollari versati al fuggiasco Good’s Good Star sarebbero stati incanalati verso Najib. A settembre, Shafee aveva anche interrogato l’ex ufficiale speciale di Najib Datuk Amhari Efendi Nazarrudin sulla stessa e-mail di Obaid e Mahony.
Amhari ha anche concordato con Shafee che esiste una “possibilità” che Najib sia stato indotto in errore sulla base delle e-mail. Shahrol è il nono testimone dell’accusa a testimoniare contro Najib, e oggi è il 31 ° giorno del processo. Il processo in corso 1MDB di Najib comporta 25 accuse penali – quattro conteggi di abuso della sua posizione per il proprio vantaggio finanziario per un totale di quasi 2,3 miliardi di RM presumibilmente originati da 1MDB e i risultanti 21 conteggi di riciclaggio di denaro.
R. Loheswar su Malaymail.com, il 20 febbraio 2019, scrive: Justo: la sonda svizzera per lo spionaggio economico è il risultato di “prodezza pubblicitaria”. Justo ha accusato due direttori di Petrosaudi, Patrick Mahoney e Tarek Obaid, di essere responsabili della cosiddetta prodezza di pubbliche relazioni. Xavier Andre Justo, banchiere svizzero trasformato in informatore, ha scartato le accuse di illeciti in Svizzera, sostenendo che le indagini contro di lui per lo spionaggio economico provenivano da un’acrobazia di pubbliche relazioni (PR) di due suoi ex colleghi.
Justo ha accusato due direttori di Petrosaudi, Patrick Mahoney e Tarek Obaid, ricercati in diversi paesi in relazione allo scandalo 1Malaysia Development Bhd (1MDB), come responsabile della cosiddetta acrobazia. “Questa è una trovata pubblicitaria dei registi di Petrosaudi in quanto vogliono che io faccia fronte alla legge visto che sono stati indagati per il loro coinvolgimento nel caso 1MDB”, ha detto Justo ad Astro Awani. Ha aggiunto che l’inchiesta è contro un vecchio caso.
Le autorità svizzere hanno avviato un’indagine nei confronti di Justo da parte sua nell’esporre lo scandalo 1MDB sostenendo di aver rubato proprietà agli ex datori di lavoro Petrosaudi.
L’ufficio del procuratore generale della Svizzera (OAG) ha riferito ad Astro Awani che l’11 dicembre 2017 è stato presentato un reclamo ufficiale a OAG da qualcuno vicino alle indagini 1MDB.L’OAG ha quindi aperto un fascicolo contro Justo il 19 settembre 2018, sostenendo che Justo potrebbe aver violato l’articolo 273 del codice penale in Svizzera.Justo era tuttavia non impressionato dalle accuse e dalle indagini imminenti. “Questo è un fatto antico del 2017 quando noi, come famiglia, abbiamo presentato nuovamente denunce di criminali a Tarek Obaid e Patrick Mahony. Quello che hanno fatto invece di farci causa per diffamazione hanno presentato una denuncia contro di noi per spionaggio industriale. “Ormai sappiamo tutti che l’unico lato industriale di Petrosaudi era il lato criminale e che non avevo rubato alcun dato”, aveva poi detto Justo sul suo profilo Facebook. Justo ha aperto il coperchio dello scandalo 1MDB quando ha preso file da Petrosaudi, il suo ex posto di lavoro, e li ha condivisi con l’editore del rapporto Sarawak Clare Rewcastle-Brown nel 2015. Tarek e Mahoney sono sotto controllo per la loro parte nel consentire il trasferimento di miliardi di ringgit dal 1MDB attraverso la loro azienda”.
Per il Russiagate, ora Obamagate, la pista Dem americana appare ben tracciata e quella cinese non è impossibile, dati i precedenti e lo scandalo della Malesia.
I rapporti tra i Dem e la Cina, del resto, sono antichi e acclarati. Nel 1996 il Partito democratico americano “avrebbe ricevuto – secondo quanto scrive Roger Faligot (I servizi segreti cinesi- Newton Compton) – una somma pari a 4,5 milioni di dollari per il comitato di rielezione di Clinton, provenienti dal gruppo sino-indonesiano Lippo e da quelli sino-thailandesi Charoeun Popkhand e San Kin Yip, con base a Macao. Tra i fondi figurerebbero circa 300.000 dollari forniti direttamente, su richiesta del capo dell’informazione dell’Epl-2, il generale Ji Shende, assistente di Xiong Guankai”. In nota al testo di Faligot si legge: “Nel settembre 2007, il “Wall street Journal” ha rivelato che Norman Hsu, cittadino di Hong Kong legato a queste stesse reti di contatti e condannato per frode, aveva contribuito alla campagna della senatrice democratica [Hillary Clinton, ndr] che lo obbligava a consegnare, sotto forma di donazione, 85 mila dollari”.
L’agente dell’Epl-2 negli Usa, scrive Faligot, Johnny Chung, un impiegato “del gruppo sino indonesiano Lippo, partner finanziario e commerciale di molte imprese della Cina popolare” è stato “integrato nella segreteria di Stato al commercio e poi consigliere di Ron Brown (Segretario al Commercio Usa) per la Cina”. Ron Brown è morto nell’aprile del 1966 in uno strano incidente aereo in Croazia.
Nel gennaio del 1994, “con il via libera dello stesso Brown – scrive Faligot – , Huang gode di un accesso illimitato ai documenti confidenziali dell’informazione economica e tecnologica” e quando “Clinton viene eletto presidente, Huang è invitato alla Casa Bianca. Nello stesso periodo, il gruppo China resources (Huaren Jituan) con sede a Hong kong, diventerà azionaria di Lippo al 50%. Questo gruppo effettuerà donazioni al partito democratico in vista della rielezione di Clinton nel 1996. L’affare si complica se si considera che China Resources serve anche da copertura all’Epl-2 diretta dal generale Ji Shengde”.
Quanto sin qui scritto è il risultato di un’attenta consultazione delle “fonti aperte”, alle quali tutti possono accedere, anche per approfondire l’argomento. L’insieme dei fatti fa intravvedere una pista possibile, fatta di molte coincidenze e di molti rapporti che fanno apparire un filo rosso. Nessuno possiede la verità. Tuttavia i fatti e le coincidenze, i rapporti tra i personaggi, costituiscono materiale di riflessione e indicano una possibile traccia di indagine che porta alla reale possibilità che quello che oggi viene definito Obamagate abbia un fondo di verità.
© Silvano Danesi