La Francia deve chiudere la tragedia libica che ha creato.
L’incontro tra il presidente Macron e il presidente Conte, al di là delle belle intenzioni e delle amorevoli dichiarazioni, non ha affrontato il nodo di fondo della questione italo-francese: la Libia. Senza affrontare finalmente e decisamente questo nodo non si va da nessuna parte e, soprattutto, non si aggredisce all’origine la questione dell’invasione africana dell’Europa.
Il 20 ottobre 2011, Mu’ammar Gheddafi è stato giustiziato a freddo dopo una guerra scatenata da Gran Bretagna e Francia, con il beneplacito degli Usa dei Clinton e con la colpevole, mai sufficientemente esecrata, acquiescenza dell’Italia. Acquiescenza che si pone come un vero e proprio tradimento degli interessi nazionali italiani.
Dietro alla guerra a Gheddafi, che la solita stupidità delle anime belle del nostro Paese voleva venderci come guerra di liberazione da un tiranno, ci stavano interessi ben precisi dei due paesi europei che, molto in teoria, dovrebbero essere nostri alleati.
L’assassinio a freddo di Gheddafi ha precipitato la Libia nel caos tribale e l’ha fatta diventare la porta incontrollata dell’invasione africana dell’Europa.
Facciamo un passetto indietro.
Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella, in: “Il golpe inglese” (Chiare lettere) scrivono: “Nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre 1969, con un colpo di stato, il re filo britannico Idris viene deposto a Tripoli e conquista il potere il giovane colonnello Mu’ammar Gheddafi, un filo nasseriano addestrato nelle accademie militari europee. Quel golpe è stato pianificato mesi prima in un albergo di Abano Terme, in provincia di Padova. E i suoi effetti sugli equilibri dell’area mediterranea si fanno subito sentire. Il nuovo governo rivoluzionario annuncia alle compagnie straniere di voler aumentare il prezzo del petrolio. Espelle poi dal territorio libico le basi militari americane e inglesi, mentre sono destinati a crescere i rapporti commericali e militari con l’Italia”.
Nel 2011, quando Gheddafi è eliminato brutalmente in omaggio anche alla demenziale teoria clintoniana della primavere arabe, ottima copertura per le più sordide nefandezze, l’Eni, ossia l’Italia, gestiva i due terzi dei contratti petroliferi e di gas con una Libia stabile e amica dell’Italia.
Il 31 dicembre 2015 sono state rese note molte email della signora Hillary Clinton e, fra queste, una del 2 aprile 2011 nella quale un funzionario americano spiega a chiare lettere alla signora, in corsa per la Casa Bianca e all’epoca Segretario di Stato, che i francesi hanno destabilizzato la Libia con l’intento di rientrare in gioco nell’area, a danno evidentemente dell’Italia, e di bloccare il tentativo di Gheddafi di dar vita ad una moneta panafricana in sostituzione del Franco francese africano. Il dittatore feroce, in buona sostanza, voleva emancipare l’Africa del dominio coloniale francese e, anche, inglese. Dominio coloniale mai venuto meno di fatto.
Ora, se Conte incontra Macron, deve chiedergli quanto manca ancora (mesi, giorni, anni?) alla fine del giochetto francese e quando si potrà chiudere la partita, restituendo alla Libia un governo unitario, restituendole la stabilità.
Fatto questo ci sarà un governo stabile con cui trattare e al quale dare le opportune garanzie, chiedendone in cambio altre.
Questo è il nodo da sciogliere. Il resto è ciccia per le anime belle, che abbondano nel nostro Paese e che hanno le fette di salame sugli occhi.
Come si può costruire una vera Europa se la Francia e l’Inghilterra pugnalano alle spalle l’Italia e aprono la voragine africana che, guarda caso, ci casca addosso senza alcuna solidarietà dell’Unione?
Silvano Danesi