Le vicende sindacali dell’autunno 2010, segnate da un aspro confronto tra la Fiom e la Fiat e da una divisione netta tra la Cgil e la Cisl e la Uil, ripropongono pienamente la questione dell’esistenza di due concezioni alternative e non riconducibili a unità del ruolo del sindacato. Da un lato ci sono Cisl e Uil, che propongono un sindacato riformista e, dall’altro, una parte consistente della Cgil, con in testa i metalmeccanici organizzati nella Fiom, che propone un sindacato antagonista.
Brescia è stata ed è un laboratorio, in continuo fermento, dell’idea di sindacato antagonista, che nella Camera del lavoro ha sempre avuto non solo grande spazio, ma spesso la maggioranza dei consensi.
Anche nel 2010, la minoranza nazionale della Cgil a Brescia è maggioranza e la Camera del lavoro bresciana è uno dei punti di riferimento nazionali dell’area: “La Cgil che vogliamo”.
Ragionare su quanto accade ed è accaduto, si elabora e si è elaborato a Brescia non è pertanto un esercizio accademico di storia o di sociologia sindacale, ma un modo per capire dove va il sindacato italiano e quali intoppi al suo cammino possa ancora costituire una concezione antagonista, dura a morire e legata ai vecchi schemi della lotta di classe.
Per dare un contributo a questa comprensione Silvano Danesi ripropone una riflessione, datata 1993, ma attualissima, che riporta i dati essenziali di uno degli scontri più significativi della stagione sindacale degli anni Ottanta, in un contesto dove hanno operato sindacalisti che hanno segnato nella Fiom e nella Cgil una linea di confine che ancora oggi è difficilmente superabile, come i fatti dimostrano.
Il testo è una sorta di “quaderno degli appunti” di un giornalista che a quel tempo era impegnato quotidianamente nella cronaca sindacale. Un “quaderno degli appunti” che può essere strumento di lavoro per chi, indagando quegli avvenimenti, può trarre motivi di riflessione sull’attualità e di comprensione dell’irriducibile distanza tra la Cgil e le altre single sindacali storiche: Cisl e Uil.
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