La Civiltà perduta che ha costruito le piramidi nel 36.420 a.C.

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Una civiltà prediluviana, dotata di conoscenze scientifiche e tecnologiche di altissimo livello, ha costruito, sulla piana di Giza, in Egitto, nello Zep Tepi (il Primo Tempo), ossia nel 36.420 a.C., una serie di monumenti megalitici che riproducono gli asterismi presenti nel cielo coevo.

Questa antica civiltà potrebbe essere quella dell’uomo Sapiens-Sapiens (datata all’incirca 73 mila anni a.C.) o quella dell’intervento sul nostro pianeta di una razza aliena che ha dato vita all’essere umano evoluto.

Lasciando aperto l’interrogativo, l’archeologo Armando Mei, appartenente alla linea scientifica che ricerca oltre gli schemi obsoleti dell’egittologia ufficiale, ci dà, nel suo libro: “Il Segreto degli Dèi” (Amazon ed.) la dimostrazione matematica che le piramidi attribuite a Cheope, Chefren e Micerino, la Sfingee altri edifici della piana di Giza, sono opera di una civiltà che li ha costruiti per essere la testimonianza di pietra della loro esistenza in un preciso momento della storia: il 36.420 a.C.

Questa dimostrazione matematica mette in evidenza la colpevole e voluta censura su ogni approccio alla conoscenza dell’esistenza di una civiltà antichissima e mette in scacco le teorie darwiniane dell’evoluzione.

L’autore rilegge l’intera piana di Giza considerandola frutto di un progetto unitario, i cui autori avevano “la totale conoscenza delle caratteristiche geofisiche del pianeta, l’applicazione ingegneristica di valori matematici, quelli del π (pi-greco) ed il Φ (phi – greco)” e una conoscenza dettagliata del cielo, delle stelle e dei pianeti del sistema solare.

“Giza – scrive Armando Mei – contiene la forza delle leggi della fisica, la bellezza delle tecniche dell’ingegneria, la saggezza dell’uso dei numeri, la sublime condivisione dell’architettura Celeste”.

Su questa antica civiltà evoluta, probabilmente cancellata dalla storia da eventi catastrofici attorno all’undicesimo millennio a.C. “sembra – asserisce l’autore – sia in vigore una sorta di coprifuoco sulla Verità sull’evoluzione della specie”.

L’Egitto dinastico è l’erede di questa antica civiltà perduta. “A mio parere – scrive infatti l’autore – i sacerdoti egizi, naturalmente di epoca dinastica, custodivano un Sapere ereditato da una civiltà precedente”.

“Chi ha edificato il complesso monumentale di Giza – scrive Armando Mei – ha trasmesso tutta la scienza umana ai posteri, utilizzando gli strumenti propri della geometria sacra”.

L’antica civiltà perduta è quella di Osiride, riconosciuto assieme a Iside quale “divinità” portatrice di civilizzazione. Ambedue, Osiride e Iside, nella teologia eliopolitana sono descritti come figli del cielo Nut e della terra Geb: un riferimento che li colloca come iniziatori della razza umana intelligente.

L’autore ricorda in propositoil Kore Kosmu di Ermete Trismegisto, laddove Horus interroga Iside.

“E dopo ciò, Horus disse: «Madre, come la Terra ebbe la fortuna di ricevere l’emanazione di dio?». Iside rispose: «Mi rifiuto di narrarne la nascita, poiché non è lecito raccontare l’origine del tuo concepimento, mio potente Horus, nel timore che in seguito gli uomini vengano a conoscere la genesi degli dèi immortali, dico solo questo: il dio monarca, l’ordinatore e l’artefice dell’universo, – … – concesse per poco tempo il grandissimo padre tuo Osiride e la grandissima dea Iside, perché portassero aiuto al mondo che era privo di tutto. Essi riempirono di vita la vita umana. Essi misero fine alla crudeltà selvaggia delle uccisioni reciproche. Essi consacrarono agli dèi progenitori templi e sacrifici. Essi concessero leggi e cibo e riparo ai mortali”.

A questo punto i riferimenti si intrecciano con quelli della tradizione massonica.

Nel Rituale di 2°Grado, infatti, si legge: “L’Architettura ebbe la sua culla in Egitto, paese originario della Libera Muratoria”.

Nel Rituale del 4° Grado si legge: “Qui si manifesta la saggezza della Massoneria; essa è la sola che agisca sui suoi adepti con una lunga serie di iniziazioni secondo il procedimento dei sacerdoti dell’’Egitto, di cui riconosce l’insegnamento come il punto di partenza. Questo procedimento fu anche quello delle grandi Scuole filosofiche dell’antichità. Fu quello delle valenti Corporazioni di Maestri d’Arte che durante il Medio Evo conservarono nel mistero delle loro Logge la libertà di pensiero, allora impossibile a praticarsi pubblicamente”.

Negli Old Charges si fanno espliciti riferimenti a Euclide, Pitagora e Ermete Trismegisto come ai fondatori antichi della Massoneria.

 

Il mito di Osiride, della sua morte e della sua ricomposizione-resurrezione ad opera di Iside è chiaramente il sostrato egizio sul quale è stata compilata la leggenda massonica di Hiram.

Nel Libro dei Morti (meglio: “Per salire alla Luce”), si legge: “Io sono il Maestro dell’Opera che pone la sacra arca sul proprio supporto”.

Il riferimento del Kore Kosmu al dio monarca, ordinatore e artefice dell’universo, richiama il massonico Grande Architetto dell’Universo.

Di questa importante ricerca di Armando Mei e delle sue molteplici implicazioni per la storia dell’Umanità e anche, si parva licet componere magnis, per quella della Massoneria, parleremo nel convegno: “L’Egitto dei Neter” in programma a Napoli, nella sede dell’Istituto di studi filosofici, il 18 marzo 2017.

                                                          Silvano Danesi

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